Disturbi alimentari: consigli ed esempi per genitori
I disturbi alimentari, come anoressia e bulimia, sono in aumento; la comunicazione in famiglia, insieme alla terapia, è fondamentale per risolvere il problema.
Si stima che in Italia circa due milioni di giovani sono affetti da disturbi alimentari, o più precisamete, del comportamento alimentare (DCA). Ogni 100 adolescenti circa 10 ne soffrono; di questi da 1 a 3 presentano forme conclamate e più gravi come l’Anoressia, la Bulimia e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata, mentre gli altri hanno manifestazioni cliniche incomplete o transitorie.
Il problema è che l’incidenza sembra in aumento e che, ancor peggio, si sta abbassando l’età di esordio (anche ai 10-12 anni), con conseguente aggravamento della prognosi. L’approccio terapeutico stesso diviene più complesso e va differenziato a seconda delle fasce d’età.
In un ambulatorio specialistico ci troviamo spesso di fronte genitori disorientati, che non comprendono ciò che sta capitando alla loro figlia o figlio e non sanno come aiutarli.
L’atteggiamento di un ragazzo o ragazza che sta evolvendo un DCA può cambiare anche repentinamente. Possono diventare più introversi, finanche oppositivi e comunque poco inclini a una comunicazione aperta e spontanea che li esponga al rischio di essere spinti a modificare i propri comportamenti. Può essere d’aiuto per un genitore sapere che il disturbo alimentare può rappresentare per il paziente un perverso strumento di controllo cui è difficile rinunciare. Anche nel caso il giovane sia opportunamente seguito da un team di esperti, non sottovalutate l’importanza del vostro ruolo e del vostro affetto incondizionato che deve prescindere dalla difficoltà a comprendere comportamenti che a voi risultano semplicemente autolesionistici.
Indipendentemente dal tipo di disturbo alimentare, la comunicazione in famiglia, a fianco al percorso terapeutico, riveste un ruolo fondamentale. Ecco, di seguito, alcuni consigli ed esempi pratici cui fare riferimento.
- Garantite l’ascolto, che deve essere empatico e non giudicante;
- Concentratevi sulle loro difficoltà e non sulle vostre;
- Rimanete calmi e aperti;
- Accettate risposte negative o oppositive, sono parte del confronto;
- Chiarite che il vostro affetto non cambia, indipendentemente dai loro comportamenti;
- Evitate di fare riferimento all’aspetto fisico, fosse anche per fare un complimento (“come stai bene oggi” può essere letto come un “sei ingrassata”);
- Costruite l’autostima con conferme sul piano intellettivo, sociale e affettivo senza però richiedere performance sempre “all’altezza” (“sei sempre stato il più bravo della classe”);
- Non parlate di questioni di peso né di diete dimagranti (capita che in visita con una anoressica o una bulimica la mamma dica: “come ero magra da giovane” o “è proprio un tormento stare sempre a dieta”);
- Evitate confronti con altri o peggio con i fratelli (in visita il padre dice: “certo, il fratello ha un’altra costituzione …o… un altro metabolismo”);
- Proponete la linea terapeutica e lasciate il tempo che evolvano un minimo di motivazione propria, ma chiarite che hanno bisogno di aiuto (sono comunque i genitori a mettere le regole, altrimenti si rischia di colludere);
- Proponete attività divertenti con amici o hobby e agevolateli nel seguire le loro passioni, li distrarrà dal pensiero ossessivo del cibo;
- Non sentitevi feriti se non si aprono con voi, è la malattia e non la scarsa fiducia che li porta a farlo;
- Chiedete loro cosa vorrebbero faceste per aiutarli e, se ragionevole, cercate di farlo senza rigidità;
- Manifestate i vostri veri sentimenti rispetto alla situazione ed eventualmente anche le vostre fragilità;
- Ed infine, cercate di rappresentare un modello coerente attuando uno stile di vita sano (una madre non può chiedere ad una figlia di mangiare adeguatamente se salta il pranzo per rimanere a una taglia 40).
Il momento dei pasti rappresenta evidentemente una delle criticità del rapporto, anche in questo caso ecco dei consigli esplicativi:
- In casa ci si viene incontro cercando di mangiare tutti nello stesso modo;
- Nell’ambito di una alimentazione sana ed eventualmente concordata con i terapeuti, cercate di coinvolgerli nelle scelte (fare la spesa insieme può essere d’aiuto);
- Non parlate a tavola di porzioni, calorie o grassi, ove necessario lasciate questi discorsi all’esperto o portateli come tema in visita se ne sentite la necessità;
- Evitate la presenza in casa di alimenti dietetici o di tanti dolci o cibi ipercalorici o scorte esagerate;
- Rendete il pasto allegro e distraetevi dal cibo di per sé, e ovviamente… ognuno guardi nel proprio piatto (qualsiasi commento, se proprio necessario, va fatto in un momento tranquillo e sicuramente lontano dalla tavola);
- Nella valutazione dell’andamento non focalizzatevi sul singolo pasto, cercate di mantenere un giudizio d’insieme (la tendenza del paziente ad attuare piccoli compensi tra pasti può ridurre l’ansia e permettere comunque un adeguato introito globale).
I DCA rappresentano patologie complesse, in evoluzione come sono in evoluzione gli strumenti terapeutici per combatterle. La famiglia da sola non può gestire situazioni simili e ha bisogno di fare riferimento ai professionisti; allo stesso tempo è fondamentale che i genitori attuino una serie di comportamenti finalizzati a mantenere una sana dinamica familiare di supporto, fiducia e disponibilità, sempre nel rispetto dei singoli ruoli.