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Stili di vita

Alimenti a km zero: ecosostenibili, economici, equilibrati

Gli alimenti a km zero fanno bene a salute e ambiente, ma anche alla crescita intellettiva e sensoriale del bambino. Perché preferire la filiera corta.

Pubblicato il 03.06.2022 e aggiornato il 06.06.2022 Scrivi alla redazione

Oggi si presta molta attenzione all’alimentazione a partire dal prodotto, da intendersi come materia prima. Anche nella cucina domestica si preferisce spesso il chilometro zero e, nello specifico, gli alimenti a km zero. Se in un’accezione politico-economica il commercio a chilometro zero è quello in cui i prodotti vengono da terre direttamente limitrofe ai luoghi di vendita e consumo, ovvero vengono venduti nella stessa zona di produzione, dal punto di vista dell’acquirente, invece, gli alimenti km zero si trasformano in una scelta di qualità.

Cosa vuol dire alimenti a km zero

L’espressione “prodotti alimentari a km zero”, mutuata dall’anglosassone “food miles”, definisce quella categoria di alimenti per la quale si accorcia o elimina la distanza tra agricoltore e consumatore, con riduzione della produzione di anidride carbonica (CO2) e del costo finale.

Tra la campagna e la nostra tavola, gli alimenti subiscono, infatti, numerosissimi passaggi di lavorazione (raccolta, lavaggio, pulitura, primo stoccaggio), confezionamento (spesso dispendioso, a seconda della destinazione finale) e infine, accesso alla Gdo (Grande distribuzione organizzata) che opera attraverso numerosi altri intermediari fino allo scaffale del supermercato. Ciò detto non deve stupire se si stima che, prima di giungere al consumatore, un pasto medio percorre 1.900 km!

È forse per la percezione di quest’assurdo, che una parte d’italiani più attenti ha speso nel 2009, secondo Coldiretti, più di 3 miliardi di euro nell’acquisto di alimenti a km zero (anche detti, in contrasto con i numerosi passaggi appena descritti, prodotti a filiera corta). Non deve quindi stupire che secondo un rapporto dell’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) relativo alla filiera lunga, solo 20 centesimi ogni euro di spesa alimentare vanno effettivamente all’azienda agricola.

Perché preferire alimenti a km zero

Vi sono varie ragioni per preferire i prodotti a filiera corta, tra cui quelle di natura:

  1. ambientale: la riduzione del CO2 prodotta grazie all’abbattimento dei trasporti (prevalentemente su gomma), il risparmio in acqua ed energia dei processi di lavaggio e confezionamento e l’eliminazione degli imballaggi di plastica e cartone rendono questi prodotti realmente ecosostenibili;
  2. nutrizionale: sono prodotti di stagione e del territorio e stante il breve trasporto e stoccaggio mantengono intatte tutte le caratteristiche organolettiche e i principi nutritivi (per esempio, le vitamine);
  3. di sicurezza alimentare: nella filiera lunga sono molti i prodotti che vengono importati da paesi lontani con normative meno rigorose di quelle italiane in termini di controlli igienico-sanitari con conseguente maggiore rischio per la salute.
  4. economica: l’eliminazione delle intermediazioni e dei trasporti abbatte il costo al consumatore in misura del 30%;
  5. di controllo sul prodotto: grazie al rapporto diretto con il produttore agricolo è possibile attuare un acquisto più consapevole e trasparente.

Sebbene quindi vi siano numerosi aspetti a beneficio della scelta della filiera corta, in effetti, l’applicabilità di questa modalità d’acquisto prevede un grande impegno del legislatore e delle realtà locali nell’ambito di un progetto strutturato. Questo in altri Paesi europei, come la Gran Bretagna e la Germania, sta già avvenendo, mentre in Italia vi sono grandi differenze regionali in termini attuativi. La prima regione a sposare, promuovere e sostenere il km zero è stata il Veneto che dal 2008, attraverso una legge regionale ad hoc, ha incentivato l’utilizzo dei prodotti locali nelle attività ristorative affidate agli enti pubblici (come le mense scolastiche, ospedali e caserme) e incrementato una rete di vendita di prodotti stagionali sul territorio.

Questa dei km zero è una scelta ambientalista, morigerata e salutista alla scoperta della tipicità e del territorio e si pone in grande contrasto con la tendenza globalizzante degli ultimi lustri e la logica di mercato sostenuta delle grandi industrie. Non a caso la stessa volontà di ridurre le emissioni di gas a effetto serra a livello mondiale, sancita dal Protocollo di Kyoto nel 1997 (ratificato dall’Italia ormai nel 2002) di cui il “progetto km zero” fa parte, trova grandi difficoltà attuative un po’ in tutti i Paesi del mondo, non ultimo l’Italia. Come sempre accade però, anche le scelte del singolo possono, gradualmente e molto pazientemente, spostare certe tendenze. Iniziamo quindi con acquisti più accorti, scegliamo prodotti di stagione, magari facendo riferimento a realtà di vendita diretta o ai molti prodotti locali che possiamo reperire facilmente, oggi, anche nella stessa grande distribuzione.

Alimenti a km zero - alimentazionebambini. It by coop
Alimenti a km zero – alimentazionebambini. It by coop

Gli alimenti a km zero educano il bambino al rispetto dell’ambiente

Al giorno d’oggi vi sono più bambini cittadini che figli della campagna; molti bimbi abitano case che non godono né di un giardino né di un terrazzo e il loro rapporto con la natura, intesa qui come natura produttiva, è quantomeno distante. Sono questi i bimbi che “raccolgono ortaggi sugli scaffali dei supermercati” e sono lontani dalla compenetrazione con la ciclicità della natura.

Il km 0 può rappresentare in primis l’occasione per seguire fattivamente e da vicino la ciclicità e la stagionalità della produzione naturale: i prodotti della filiera locale seguono piccole coltivazioni poco artefatte e industrializzate, meno dispendiose anche in termini energetici.

Il consiglio potrebbe essere, per le mamme, i papà e i nonni, quello di associare alla cultura alimentare del bambino anche un approccio materiale (e quindi manuale) ai meccanismi della natura. In molti comuni d’Italia i cittadini possono rendersi cura di più o meno ampi fazzoletti di terra nei cosiddetti orti comunali o orti comuni, qui è possibile partecipare il bambino alla creazione degli alimenti a chilometro zero dimostrandogli come essa parte dal seme per raggiungere il frutto con la cura.

Il bambino ha bisogno di vivere naturalmente, e non soltanto di conoscere la natura. L’atto più importante risiede proprio nel liberare possibilmente il fanciullo dai legami che lo isolano nella vita artificiale, creata dalla convivenza cittadina.

Maria Montessori

La pedagogia moderna riconosce l’importanza dell’esperienza dei sensi nella natura e della connessione bambino-natura, l’alimentazione non è esclusa da questo circolo virtuoso. Un consiglio che si può dare alle mamme, oltre agli orti comunali, può essere quello di sensibilizzare il bambino al rapporto con ciò che finisce sulla tavola. Uno degli alimenti a km 0 più amato di bambini è la lattuga in vaso coltivata sul balcone di casa, provateci!