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Stili di vita

Allergia: come prevenirla

I fattori genetici contribuiscono per il 70% allo sviluppo di un'allergia. Per diminuire il rischio fare attenzione ad alimentazione e comportamenti "nocivi".

Pubblicato il 12.03.2012 e aggiornato il 19.11.2019 Scrivi alla redazione

Il 20% della popolazione mondiale soffre di allergia. In Italia, secondo i dati raccolti dall’Istat, ne è affetto un bambino su 10 mentre uno su 35 soffre di asma, con la tendenza a un’insorgenza dei sintomi sempre più precoce. Le patologie allergiche sono conseguenza di una risposta anomala di alcuni anticorpi, detti IgE: è questa risposta a causare sintomi come asma, rinite o congiuntivite, eczema, dermatite atopica, fino allo shock anafilattico.

Nello sviluppo delle allergie, i fattori genetici contribuiscono per il 70-80%, tant’è che se un bimbo nato da genitori non allergici ha il 10% di probabilità di manifestare allergia, uno con un solo genitore allergico ha il 40% (maggiore se è la madre a essere allergica) che diventa il 70% se entrambi i genitori sono allergici. È tuttavia possibile agire per prevenire l’insorgere dei sintomi, cercando di ridurre per quanto possibile la prima sensibilizzazione ossia l’iniziale produzione di IgE che può poi tradursi in allergia.

Gli studi legati alla prevenzione delle allergie sono in continua e veloce evoluzione: più gli studi sul tema si approfondiscono e più i dati statistici si ampliano, maggiori sono i dubbi sui comportamenti che realmente riescono a prevenire l’insorgenza di allergie. Molte linee guida internazionali recenti o recentissime, ma non ancora aggiornate, fanno riferimento a diete d’esclusione in gravidanza o in allattamento e all’introduzione tardiva di certi alimenti (addirittura dopo i 3 anni in bambini a rischio), ma oggi non vi è più un riscontro scientifico sul reale beneficio di questi interventi. È possibile fare una disamina dei risultati scientifici più aggiornati e fare chiarezza sulle molte indicazioni che si sono sovrapposte negli ultimi anni, sfrondandole e ridefinendole alla luce delle ultime acquisizioni scientifiche. Per i casi specifici di allergia o rischio di allergia, è comunque consigliabile mantenere la legittimità dei suggerimenti dei singoli pediatri.

  • È decaduta l’indicazione a selezionare le scelte alimentari della donna in gravidanza o allattamento in quanto questo non sembra essere correlato a una protezione, e dunque ad una minore incidenza di allergie, alimentari e non.
  • Si consiglia l’allattamento materno esclusivo almeno per i primi 6 mesi, giacché questo sembra ridurre le allergie alle proteine del latte vaccino e quelle che coinvolgono le vie aeree; sembra anche che tale protezione sia certa per tutta la durata dell’allattamento (anche di qui l’indicazione a protrarre tale pratica quanto più a lungo possibile) mentre mancano prove certe su una protezione a distanza di anni, come ipotizzato in precedenza.
  • Permane la raccomandazione dell’introduzione dei cibi solidi non prima dei 4-6 mesi di età per motivi di prevenzione allergica (ritardi oltre i 6 mesi peraltro non appaiono diminuire il rischio), tra l’altro la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia l’inizio dell’alimentazione complementare (il divezzamento) a 6 mesi.
  • Si rafforza il divieto a non fumare durante la gravidanza e l’allattamento e a non esporre al fumo passivo il bimbo specialmente nei primi anni di vita (un dato incoraggiante Istat ci dice che negli ultimi 5 anni si è ridotta la quota di donne che fuma in gravidanza dal 9,2% al 6,5%).
  • Rimane controversa, infine, la questione del rapporto tra la presenza di animali in casa e la genesi o la prevenzione delle allergie. Gli ultimi studi confermerebbero che l’infanzia vissuta in fattoria con esposizioni a diversi animali diminuisca l’incidenza di allergia negli anni successivi. Ciò sembra estensibile agli animali domestici, in particolare al gatto.

 

Con la supervisione di:

Dott.ssa Margherita Caroli Pediatra

Prof. Andrea Vania Pediatra