Il pianto del neonato: scopri le cause, come interpretarlo e come calmarlo
Il pianto è una peculiarità umana, nessun'altra specie è capace di piangere sin dai primi istanti di vita, esattamente come nessuna altra specie, all'infuori dell'uomo, possiede la capacità di comunicare mediante il linguaggio. Il pianto del bimbo appena nato implica in genere (oltre al dolore) un bisogno di nutrimento e protezione, un desiderio, un'aspettativa o una preghiera.
Come interpretare, capire, riconoscere i vari tipi di pianto del neonato
Dobbiamo prima di tutto ascoltare il lamento con empatia per scoprire il suo straordinario valore comunicativo: il pianto del neonato è la lingua del neonato. Il bimbo non è come un giocattolo che piange sempre allo stesso modo, ha un suo linguaggio ed è in grado di interagire e apprendere dall’ambiente circostante. Il pianto è importante nella relazione del bebè con l’ambiente, ovvero col mondo circostante, con i neo genitori e soprattutto con la madre.
- Come interpretare, capire, riconoscere i vari tipi di pianto del neonato
- Perché il neonato piange? Scopri le 11 cause
- Pianto neonato: come interpretarlo?
- Frequenza delle coliche gassose e pianti del bebè
- Il circolo vizioso del pianto del neonato, cosa fare
- Come posso riconoscere se il pianto del neonato è causato da una malattia?
- Pianto per fame: quasi mai il motivo del pianto isterico o disperato
- Pianto per sonno
- Pianto notturno
- Il neonato ha caldo o freddo
- Lo sfogo di rabbia
- Lelacrime per la solitudine
- Alcuni falsi luoghi comuni
- Curiosità: piangono di più i maschietti o le femminucce?
- Domande frequenti dei genitori al pediatra
- Come possiamo calmare un neonato che piange per ore?
- La “presa” del dott. Robert Hamilton
- Controlliamo, ascoltiamo, agiamo e capiamo quando preoccuparci davvero:
- La sindrome del bambino scosso
- Il pianto manda in tilt il cervello della mamma perché?
Se i genitori che accudiscono un bebè che piange perdono la capacità di riflettere e cercare di comprendere i motivi di quello specifico lamento, potranno rispondere solo tentando di consolarlo in modo generico. Questo è quello che fanno tutte le neo mamme. I genitori sono soliti descrivere le crisi del loro piccino come pianto forte, isterico, disperato, inconsolabile, continuo, senza respiro… e si potrebbe continuare, ma queste parole vengono usate se e quando non si comprenda perché il piccoletto piange. Così cerchiamo di fermare le sue lacrime prima ancora di capire da cosa bisogna consolarlo.
Consolare i bambini piccoli non è sinonimo di farli smetter di piangere a tutti i costi, ma, piuttosto, di confortare. Per consolare occorre riconoscere adeguatamente l’emozione sottostante.
Perché il neonato piange? Scopri le 11 cause
- dolore da digestione (maggiore se i piccolissimi – anche i neonati sani – mangiano in eccesso o troppo in fretta);
- coliche gassose (in particolare tra le 2 e le 12 settimane di vita), tipiche delle ore serali e ormai riconosciute come una fase normale di sviluppo in alcuni bambini;
- fastidi per il pannolino sporco, una posizione scomoda;
- troppo caldo o freddo o un ambiente fumoso;
- troppo rumore, luce o attività nell’ambiente circostante;
- stati contingenti di malessere, febbre, dolore all’orecchio, ecc;
- voglia di coccole o di sentire l’odore o il battito cardiaco della madre;
- fame: i neonati e i lattanti mangiano notte e giorno;
- sonno;
- paura, solitudine;
- emozioni negative degli genitori che il piccolino è in grado di avvertire (ci torneremo in seguito).
Se leggiamo con attenzione questi 11 punti, esiste un filo conduttore comune: la comunicazione.
Piangere è un una forma di comunicazione, è sia una risposta dell’organismo a stimoli interni, sia una richiesta d’aiuto. Spesso però le cause non sono specifiche cause organiche, ma richieste di soccorso: ci sono casi in cui si riesce a far cessare il lamento fornendo al neonato uno stimolo semplice che può essere la voce umana (la voce della mamma ha un naturale effetto calmante) o il contatto fisico (stesso effetto ha il contatto materno pelle a pelle). Un cuccioletto di 5 settimane, per esempio, può iniziare a piangere se la persona che prima lo guardava scompare dalla sua vista.
Pianto neonato: come interpretarlo?
Ogni genitore sa interpretare i movimenti che si accompagnano al piano del neonato, pertanto può essere difficile creare uno schema che vada bene per tutti. Qui ci proponiamo di mettere a disposizione di chi si occupa del piccolino una serie di consigli pratici.
In generale, prima di cercare di consolare il bimbo o di allattarlo (il piccolino non piange solo per fame!) cercate sempre di identificare quale possa essere la causa di una afflizione prolungata. Se, esclusa ogni causa ragionevole, il lamento continua in modo inconsueto ed eccessivo, è consigliabile fare sempre riferimento al proprio medico curante: il pianto inconsolabile potrebbe, per esempio, essere causato dal reflusso gastro-esofageo o dalle cosiddette coliche.
Frequenza delle coliche gassose e pianti del bebè
La manifestazione clinica più intensa del pianto sono le suddette coliche gassose (si parla di “pianto colitico”) che si manifestano in 2-5 bambini nel primo trimestre di vita su 10 e vengono descritte, secondo la “regola del 3” coniata negli anni 50 dal dottor Morris Wessel, come un pianto disperato e inspiegabile che si presenta per più di 3 ore al giorno, almeno 3 volte la settimana e per 3 settimane o più. In effetti, sorprende quanto molti adulti ritengano che la causa del pianto siano proprio le “colichette” senza che venga neanche lontanamente soddisfatta la definizione di Wessel. Ciò conferma quanto disagio procuri il lamento di un cucciolo, particolarmente a un genitore alle prime armi.
Come riconoscere quando la causa del disagio è una colica gassosa:
Il lattante flette le gambe sull’addome e trova sollievo solo in braccio e a pancia in giù. Il disturbo si presenta a intervalli. I neonati mantengono un’alimentazione corretta per durata della poppata o volumi di latte (nel caso di latte artificiale). Sconsigliati i farmaci di ogni genere! Prima di tutto: mantenete la calma! È noto che le “colichette” hanno una grande componente di ansia che le alimenta, una specie di circolo vizioso.
Il circolo vizioso del pianto del neonato, cosa fare
Siccome gli unici che possono gestire le emozioni sono gli adulti, ancora una volta dobbiamo cercare di interpretare cosa sta succedendo. Dobbiamo mantenere calma e lucidità anche se il lamento del bebè ci mette emotivamente a dura prova. Un trucco è distendere il piccino nel lettone supino, con mamma o papà accanto e effettuare dei massaggi circolari sul suo addome, senza spingere, accompagnando con una cantilena a voce bassa ma udibile. Sempre efficace è la posizione a pancia in giù, prendendo il bambino in braccio e dondolandolo leggermente.
Come posso riconoscere se il pianto del neonato è causato da una malattia?
Se è vero che il pianto è una lingua, è altrettanto vero che piangere dà modo al piccino di trasmettere informazioni su se steso (piangendo il piccolino usa, quindi, una forma di linguaggio non verbale e lo fa per relazionarsi al mondo sin dalla nascita).
L’atto di piangere può celare un malessere:
- Se il bambino piange in maniera debole e sommessa, quasi con gemiti sussurrati e rifiuta il cibo, si tratterà di uno stato infettivo sistemico (generale).
- Se c’è febbre o tosse.
- Se presenta anche vomito o diarrea.
- Se il suono è acuto e INCONSOLABILE in genere il piccolo ha mal di orecchio, e comincia a rifiutare il cibo (perché succhiare evoca un dolore intollerabile). Importante non mettere al bimbo gocce nelle orecchie ma fargli assumere del paracetamolo e in ogni caso avvertire il dottore.
In tutti questi casi bisogna farlo visitare dallo specialista senza esitazione.
Cara mamma, se il tuo bambino piange cerca di mantenere l’ ambiente esterno sereno gestendo la situazione con la massima calma. Inoltre attaccalo al seno la sua risposta al nutrimento e il contatto pelle a pelle saranno indicatori importanti del suo stato di salute.
Pianto per fame: quasi mai il motivo del pianto isterico o disperato
L’istinto di mamma, senza che nessuno glielo spieghi, sa che il pianto del suo bambino, quello che comincia sommessamente, a bassa intensità, e che diventa più forte, è collegato in qualche modo alla fame. Inoltre, il lattante quando ha fame si succhia le mani, i polsi e gira la testa alla ricerca del seno materno.
Diventerà una richiesta furiosa e disperata solo in caso di ritardo nel pasto o nell’allattamento. Ma istintivamente la mamma provvede a soddisfare il suo bisogno: mangiare o bere (ricordiamo che con il latte materno il piccolissimo soddisfa due azioni contemporaneamente: si sfama e si idrata).
Scopri come riconoscere se quello del tuo bimbo è pianto per fame
Pianto per sonno
Non tutti i bambini piangono per il sonno. Molto spesso sono irritabili e “non trovano pace”. Possono strofinarsi gli occhi e alcuni si toccano le orecchie (ciò non indica necessariamente che hanno dolore). Alcuni, ancora, tendono a girare la testa di lato come a cercare un confortevole nido dove chiudere gli occhi. Dopo aver verificato che abbia mangiato e sia pulito, tutti questi segnali appena elencati indicano che è ora di far addormentare il nostro piccoletto.
Ricordiamo che , in alcuni casi, il bambino non gradisce essere preso in braccio, oppure essere cullato. Il rituale dell’addormentamento è specifico di ogni cucciolo, sta a noi interpretarlo correttamente.
Pianto notturno
Il pianto si presenta sempre alla stessa ora, in genere a notte fonda verso le 2 o le 3, è quindi un lamento improvviso che interrompe un apparente sonno tranquillo ed è fatto di grida acute. Il bimbo si calma solo se viene nel lettone (il che non va bene come vedremo dopo). In questo modo dorme tutta la notte. La soluzione a questo problema è modificare il rituale di addormentamento. Il neonato si sveglia di notte in maniera fisiologica, generalmente si riaddormenta da solo, ma se richiede il nostro intervento dobbiamo accoglierlo e consolarlo. Non è di notte che si risolve il problema, ma di giorno!
Addormentamento fisiologico: cosa fare per favorirlo
Il cucciolo appena nato o il lattante (entro i 6 mesi) in genere si addormenta non appena termina la poppata al seno o al biberon. Sistemiamolo subito in carrozzina o culletta, e lasciamo che tutti i rumori diurni di casa si sviluppino senza inibizioni (illuminazione, telefono, elettrodomestici etc), invece di sera silenziamo tutto, anche la tv. Questo favorirà l’acquisizione del ritmo sonno-veglia. Quindi se vogliamo che il nostro bambino dorma tranquillamente tutta la notte dovremo costruire proprio il rituale dell’addormentamento. Si tratta di azioni che si ripetono sempre uguali ogni sera e che ogni famiglia decide: bagnetto, massaggio, coccole delicate, ninna-nanne o filastrocche ma c’è sempre una sola regola, sempre la stessa, addormentate il vostro bambino nel lettino dove dovrà restare tutta la notte. Se la notte si sveglia e non riconosce il luogo o la culla dove lo avete addormentato si spaventerà e non dormirà più, e per sfinimento lo porterete nel lettone con voi: NON FATELO! È pericoloso per la salute del neonato: potreste soffocarlo, schiacciarlo o fargli del male NON volendo. Inoltre è dannoso per la salute psicofisica della coppia. Infatti, non dormire la notte è uno stress aggiuntivo ai genitori che dovranno riprendere le attività quotidiane diurne, senza avere riposato, senza trascurare che il rapporto di coppia tra marito e moglie risulta pericolosamente compromesso.
Il neonato ha caldo o freddo
Teniamo sempre presente che un bebè nato a termine ha bisogno di essere coperto un poco in più degli adulti (sia in inverno che in estate) solo per il primo mese. Per il resto possiamo ritenere che abbia caldo o freddo come noi. La temperatura di casa in inverno non dovrebbe mai superare i 22° e in estate non bisogna esporlo al ventilatore. Se fa caldo meglio fare il bagnetto anche più di una volta al giorno (equivale al nostro lavarsi il viso). Il lattante non suda, quindi se è troppo coperto piange e diventa rosso e caldo: addirittura si può trovare temperatura elevata!
Lo sfogo di rabbia
A volte, quello del piccolino, sarà un vero e proprio sogo di rabbia, nel quale il piccolino sembrerà sopraffatto e posseduto da un’ira incondizionata con urla, strepiti o calci: probabilmente un tentativo di urlare la propria delusione per non essere stato capito, un esercizio di controllo sull ‘ambiente di accudimento, sentito come inaffidabile.
Lelacrime per la solitudine
Anche il lattante sente la solitudine, ed esprime la sua richiesta di compagnia con il piano. In questo caso è semplice risolvere la crisi: appena ci avviciniamo e gli parliamo, o lo prendiamo in braccio, o, per esempio, non appena lo portiamo vicino a dove si svolgono le attività di casa, smette subito di piangere.
Alcuni falsi luoghi comuni
Pianto del neonato può essere un capriccio? Falso
Il bimbetto piccolo piccolo non fa i capricci! Esprime un bisogno che noi adulti non sappiamo cogliere immediatamente, come abbiamo già detto: prima dobbiamo entrare in sintonia con il pianto del cucciolo e poi possiamo provare a consolarlo.
Il bambino è troppo piccolo: non capisce quello che sta succedendo in casa/famiglia? Falso
Esistono studi scientifici che dimostrano come già il piccolino appena nato sia in grado di reagire con il pianto ad altri neonati che piangono. Infatti, il neonato è in grado di decifrare il pianto che ascolta. Riesce a capire quali emozioni si cela dietro quel pianto, e può imitarlo!
Ma c’è di più: uno piccino percepisce i sentimenti e le ansie della sua famiglia e delle persone che lo accudiscono. Se in famiglia accadono eventi stressanti o dolorosi, il piccino comprende, o meglio “sente” e reagisce, anche con un pianto apparentemente inspiegabile.
La notte piange perché vuole stare nel lettone? Falso
Il lettone non è la soluzione. Al contrario dormire nel lettone con mamma e papà può essere controproducente. Quasi sempre il lattante si sveglia e piange improvvisamente nel cuore della notte perché il rituale dell’addormentamento lo confonde. Mi spiego meglio: il nostro lattante si addormenta beatamente in braccio (con il nostro calore, odore, battito del cuore e ritmo del respiro). Poi, silenziosamente, lo sistemiamo nella sua culetta e dopo un po’ di tempo (minuti o ore) si sveglia e piange disperato. Perché? Perché quando si sveglia non riconosce più il luogo dove si è addormentato, tutto qui. Questa è una reazione generalizzata in tutte le età infantili, ben oltre i primi mesi o anni.
Curiosità: piangono di più i maschietti o le femminucce?
“Anche se non c’è una regola certa, c’è una differenza tra i sessi: le bambine sono generalmente molto più resistenti dei bambini ai fastidi o al dolore e questo lo si vede sin da quando sono piccolissimi. Poi, ogni bebè è un caso a parte, per cui non andrebbero mai fatti i paragoni, specie tra i bambini nati all’interno della stessa famiglia”.
I bimbi che si addormentano da soli nel loro ambiente saranno fanciulli e poi adulti più sicuri di sé e anche con gli altri bambini avranno un rapporto migliore.
Dott.ssa Pediatra margherita Caroli
Domande frequenti dei genitori al pediatra
“Il mio bambino piange quando si stacca dal seno, potrebbe avere fame perché il mio latte non è sufficiente?”
Una rassicurazione viene dalla crescita: se il cucciolo d’uomo aumenta bene di peso non è la fame che lo fa piangere, e il pediatra lo confermerà.
“Il mio bambino dopo mangiato piange, strilla e vomita un po’ di latte. Ha iniziato a farlo qualche volta adesso è una costante: come mai?”
La prima considerazione da fare riguarda gli intervalli tra le poppate. Se al lattante viene offerto il seno o il biberon ogni volta che piange, per consolarlo, si potrebbe essere creata una condizione di iper-alimentazione. In pratica, non diamo tempo allo stomaco di svuotarsi e la distensione gastrica e il reflusso di latte diventano sempre più fastidiosi facendo piangere il piccino. In questo caso bisognerà regolarizzare le poppate o il biberon per intervallo e quantità. In caso di allattamento al seno è più complesso perché la quantità non è modificabile, ma il pediatra saprà aiutarci.
“Il mio bambino piange di sera, sempre alla stessa ora, sembra un orologio.”
Non mi sentirei di sospettare una malattia, perché non esistono malattie che si presentano solo in un orario preciso della giornata. Forse in quell’orario si modificano le abitudini magari relazionali familiari e ci sono più persone che interagiscono con il cucciolo. In certi casi, se il papà è fuori tutto il giorno, quando rientra a casa le esigenze di padre e figlio si sovrappongono e il piccino potrebbe essere turbato… ma è solo questione di tempo e si “abituerà” a questa routine familiare.
“È nato un fratellino e la mia bambina di 2 anni, che dorme nella sua cameretta da sempre, ha iniziato a piangere di sera, sempre quando è ora di dormire. Non lo aveva mai fatto.”
La nascita di un secondogenito raddoppia le incombenze familiari, e il maggiore perde il dominio nel suo reame. Il rapporto tra fratelli e sorelle è la più meravigliosa delle esperienze relazionali e ha bisogno solo di essere accompagnata dai genitori. Spesso accade che il piccolissimo (ultimo arrivato) sia stato sistemato nella camera con mamma e papà e la sorella maggiore continui a dormire nella sua stanzetta (come aveva sempre fatto). Basta spostare la culla del piccolo nella cameretta della maggiore e tutti potranno dormire meglio.
Come possiamo calmare un neonato che piange per ore?
Per confortare un bimbo è fondamentale essere calmi pazienti e riposati: una madre esausta ha infatti maggiori difficoltà a curaro del proprio figlio. Approfittate allora dell’aiuto di parenti, amici o babysitter per recuperare le energie. Ciò vi consentirà di riprendere con più efficacia l’impegnativo ruolo di genitore, con grande vantaggio per il piccolo (ogni senso di colpa è assolutamente fuori luogo!).
Se si tratta di un neonato e cioè un piccolino entro il mese di età, e abbiamo esplorato ed escluso tutti i fastidi fisici controllabili e potenzialmente responsabili del pianto (fame/sete, caldo/freddo ecc.), dobbiamo prenderci il tempo per osservarlo: letteralmente. Proviamo a guardare l’orologio quando inizia a piangere. Poniamoci accanto al bimbo e osserviamo i movimenti del corpo e se tenta di attuare manovre consolatorie. Esploriamo la capacità del neonato di calmarsi da solo o di accettare interventi.
Oltre a cercare di tenere il neonato in un ambiente tranquillo, potrebbe giovarsi del suono della nostra voce, del tocco della nostra mano, del dondolio in braccio (che ha un forte potere calmante nei confronti del pianto), insomma delle nostre amorevoli cure.
Quando il pianto sarà cessato, guardiamo nuovamente l’orologio: sarà sorprendente la durata effettiva del pianto!
La “presa” del dott. Robert Hamilton
Possiamo provare anche con la tecnica del pediatra americano Robert Hamilton detta appunto “The hold”, ovvero “La presa”:
- Tenere le braccia del neonato incrociate e strette al suo petto.
- Reggerlo saldamente con una mano dal pannolino.
- Fargli dondolare il culetto avanti e indietro, tenendo il bambino inclinato in avanti di circa 45°.
Non so dire se “La presa” vada bene sempre e con ogni neonato. In linea teorica potrebbe, perché riproduce la posizione che il feto ha nell’utero: il sentirsi contenuto, abbracciato, al caldo, senza la possibilità di muoversi facilmente, è una situazione che il neonato conosce bene e che lo calma. Ma più di tutto conta l’atteggiamento dei genitori: il neonatosi calma se si sente preso e maneggiato con modi sereni, ma decisi. Ovvio, poi, che la causa vada eliminata: se il neonato piange per fame deve mangiare, se perché non respira bene, il nasino va pulito, eccetera.
Prof. Andrea Vania – Pediatra
Per molti genitori non c’è sfida più temibile e difficile da superare di quella di tranquillizzare i propri figli quando piangono disperatamente: il medico americano Robert Hamilton in questo video mostra la sua tecnica per calmare i piani dei bambini in soli cinque secondi!
Concludendo, prima di affrettarsi a bloccare il pianto di un lattante o comunque di un bambino, è meglio cercare di capire quale messaggio vuole passare il piccolino agli adulti che se ne prendono cura. Altrimenti, avremo fermato momentaneamente il pianto, ma avremo dato le basi per una serie di comportamenti e relazioni scorretti che avranno poi ripercussioni in età successive.
Controlliamo, ascoltiamo, agiamo e capiamo quando preoccuparci davvero:
PIANGE | Intervento | Pediatra* | VISITA URGENTE** (pronto soccorso) |
Fame /sete | Seno/biberon/ Acqua | NO | NO |
Caldo/freddo | Abbigliamento/temperatura ambientale | NO | NO |
Pannolino sporco | cambio | NO | NO |
Fumo di sigaretta | Non fumare in presenza del bebè | NO | NO |
Salivazione abbondante | Dentizione, piccole afte in bocca | SI | NO |
Febbre | Controllo temperatura di casa e abbigliamento | SI | SI/NO |
Rifiuta il cibo | Potrebbe avere mal di orecchio/mal di gola | SI | SI/NO |
Il pianto è sempre associato al ruttino | Potrebbe avere reflusso gastroesofageo | SI | NO |
Solo tardo pomeriggio/sera | Coliche gassose/disturbo ambientale | SI | NO |
Diarrea | Infezione virale | SI | NO |
Diarrea e sangue | Patologia addominale | SI | SI |
Sembra sfinito | Infezione sistemica | NO | SI |
Trauma cranico | Osservazione breve (vomito, sonnolenza, difficoltà a camminare..) | SI | SI |
Braccio immobile (dopo uno strattone o caduta) | Pronazione dolorosa del braccio (radio o ulna) | SI | SI |
(soprattutto in questa emergenza Covid) può essere di aiuto.
** Se il pediatra non è raggiungibile oppure dietro sua indicazione.
Pianto del neonato e informazioni sulla sindrome del bambino scosso
Infine, è molto importante preparare il genitore alle cause (e ai rimedi) del pianto del neonato, così che possa averne cura allontanando l’ansia e il nervosismo derivanti da un piccolo inconsolabile.
La consapevolezza potrebbe infatti aiutare una gestione equilibrata e anche ridurre, attraverso un buon lavoro d’informazione e di monitoraggio, l’estrema manifestazione dell’esaurimento psichico di un genitore, ossia la terribile Sindrome del bambino scosso (Shaken baby syndrome – SBS), conseguente, appunto, al maltrattamento di un bimbo.
La progressione dal cullarlo con “energia” a “scuoterlo” è rapida e può sfuggirci di mano. Dobbiamo cercare di contenere e controllare lo stress dovuti alle notti insonni. Scuotere il piccolino può provocare una grave compromissione cerebrale con conseguenze neurologiche gravi, in alcuni casi irreparabili. Scuotere la testa provoca un trauma al cervello, nello specifico si possono “strappare” le centinaia di piccole venuzze che tengono il cervello legato alla scatola cranica. Una volta rotte si ha emorragia intracranica (di varia gravità) e il piccolo può anche morire (20% casi).
Proviamo a organizzarci: se sappiamo che il nostro piccolino la notte si sveglia tanto e piange, cerchiamo di alternare le notti insonni tra mamma e papà, anche se mi rendo contro che la mamma è sempre coinvolta direttamente soprattutto se allatta. Se non è possibile alternarsi, magari perché il papà deve riposare perché per lavoro al mattino inizia presto (dico questo perché la mamma è sempre tutelata sul lavoro con l’astensione obbligatoria), questo sacrificio tocca alla mamma che di giorno però dovrà riposare ogni volta che riposa il bimbetto, anche se questo comporterà trascurare le faccende di casa (possono aspettare!). Magari di giorno si potrà organizzare un’ora di relax fai-da-te tutto per la mamma chiedendo l’aiuto ai nonni o ad un’amica…
Lo scuotere fortemente il piccolo, con la folle idea che ciò possa calmarlo, gli provoca una rotazione involontaria ripetuta della testa con conseguente compromissione cerebrale ed esiti neurologici molto gravi, finanche la morte (20%).
Al di là quindi di questi estremi drammatici, come la Sindrome del bambino Scosso, comunque non così rari, è importante che ogni genitore comprenda che il pianto fa parte del normale sviluppo del sistema nervoso centrale e che man mano il bambino evolve e differenzia le modalità di pianto a seconda della necessità. Come abbiamo detto, dopo i 2 mesi di vita (secondo alcuni molto prima) non rappresenta più solo un ancestrale richiamo di attenzione, quanto uno strumento comunicativo con finalità precise.
Abbiate pertanto pazienza, seguite il vostro cucciolo con amore e serenità, e accettate l’aiuto di chi vi sta intorno come un atto di responsabilità e consapevolezza.
Il pianto manda in tilt il cervello della mamma perché?
Il pianto del neonato ingenera una risposta ansiogena nella mamma, la ragione è nel coinvolgimento: è una situazione che sfugge dal controllo del genitore. L’errore di base è cercare di spegnere il pianto a tutti i costi, senza coglierne il significato: routine errate e un eccesso di alimentazione sono i pericoli – errori nei quali le mamme possono incorrere. Una routine sistematica sarà la vera forza della mamma.
Domande frequenti
Perché il neonato piange?
- dolore da digestione
- coliche gassose, tipiche delle ore serali
- fastidi per il pannolino bagnato
- una posizione scomoda
- troppo caldo o freddo o fumoso
- troppo rumore, luce o attività
- stati contingenti di malessere, febbre e dolore
- voglia di coccole o di sentire l’odore della mamma
- sonno
- paura e solitudine
- fame: i neonati e i lattanti mangiano notte e giorno
Come calmare un neonato che piange?
Se si tratta di un neonato e abbiamo esplorato ed escluso tutti i fastidi fisici controllabili e potenzialmente responsabili del pianto, dobbiamo prenderci il tempo per osservarlo: letteralmente. Poniamoci accanto al bimbo e osserviamo i movimenti del corpo e se tenta di attuare manovre consolatorie.
Potrebbe giovarsi del suono della nostra voce, del tocco della nostra mano, del dondolio in braccio, insomma delle nostre amorevoli cure.