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Stili di vita

Smartphone e tablet ai bambini: ci vuole buon senso

Smartphone e tablet vengono dati in mano ai bambini sempre prima e sempre più a lungo: i consigli del professor Vania.

Pubblicato il 09.02.2017 e aggiornato il 08.07.2022 Scrivi alla redazione

Più di un terzo dei bambini prende confidenza con smartphone e tablet ancora prima di imparare a camminare e, a un anno compiuto, uno su sette li usa per almeno un’ora al giorno. I dati della recente ricerca della Pediatric Academic Societies confermano ciò che ogni genitore sa: i bambini vengono rapiti dai colori, le luci, i suoni e i movimenti che provengono da uno schermo, sia quello di uno smartphone o della tv. Ma se questa può essere una comodità per intrattenerli in un viaggio in macchina, poco si sa su quali possono essere le conseguenze di un uso così precoce e intenso (per uno studio dell’Authotity inglese delle comunicazioni, dai 5 anni di età le ore al giorno diventano oltre 5). “Gli smartphone sono strumenti molto potenti, di cui anche noi adulti abbiamo un controllo molto basso, figuriamoci un bambino”, dice il professor Andrea Vania responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione pediatrica dell’Università La Sapienza di Roma e past president dell’ECOG, l’European childhood obesity group.

Professor Vania, i bambini utilizzano gli smartphone sempre di più e sempre prima. Che ne pensa?
“Che è un problema importante di cui ci si sta occupando troppo poco, nonostante qualche studio inizi a esserci. Sta infatti cambiando il rapporto tra i bambini, le tecnologie e la realtà virtuale: già a un anno non solo sono dei fruitori passivi, ma sanno maneggiare autonomamente uno smartphone e utilizzare le app più semplici. Questo è un aspetto sui cui bisogna riflettere in tempi rapidi e in maniera approfondita”.

Quali conseguenze può avere un uso così precoce di smartphone e tablet?
“Innanzitutto una maggiore astrazione dal reale, un maggior distacco dagli altri, una propensione a chiudersi nel proprio mondo. C’è anche il rischio che i bambini, se non opportunamente guidati, possano arrivare a confondere la realtà con il virtuale. Questo, però, poteva capitare anche alle generazioni precedenti con le favole e la televisione: le streghe, i cavalli volanti, l’uomo nero, i personaggi dei cartoni animati potevano essere percepiti come figure reali. Altri studi hanno messo in relazione l’eccessiva esposizione al virtuale con una minore capacità sia tecnica (capacità di maneggiare correttamente matita, colori, penne) che espressiva nel disegno così come nella scrittura”.

Ci possono essere altre effetti, oltre a quelli cognitivi?
“Sappiamo da tempo che un’esposizione a uno schermo superiore alle 2 ore al giorno favorisce l’obesità. Ma questi studi risalgono per lo più a quando per ‘schermi’ si intendeva prevalentemente la tv, al massimo il computer, e poi i videogiochi. Oggi tra tv, pc, smartphone e tablet, consolle di vario genere, questo limite è superato da praticamente qualsiasi bambino del mondo occidentale. Non è neppure pensabile che le ore di esposizione nel futuro prossimo si abbassino, considerando che il computer oramai è diventato uno strumento di studio e di lavoro anche per bambini e ragazzi, e non solo di svago. Dobbiamo quindi chiederci se i differenti schermi valgano tutti allo stesso modo e in che modo incidano sull’obesità. Sono domande a cui ancora nessuno sa rispondere, anzi, i segnali sono perfino contrastanti: aumentano infatti di numero le app che vogliono aiutare i giovani a gestire e combattere sovrappeso e obesità, ma sono pur sempre app, dunque non possono che aumentare il tempo di fruizione di uno schermo, sia pure a fini benefici”.

Certo è che non è semplice togliere uno smartphone dalle mani di un bambino, se poi sono gli stessi genitori a utilizzarlo in continuazione. Come fare? Che regole darsi?
“La prima regola è quella del buon senso: posto che ci siano dei momenti in cui un video può aiutare a distrarre il bambino, ogni genitore deve decidere quanto tempo suo figlio possa usare uno smartphone. Ma prima ancora della durata, conta secondo me la qualità dei contenuti a cui il bambino è esposto”.

Mediamente già a 10 anni un bambino possiede un proprio smartphone. È l’età giusta?
“A 10 anni potrei quasi quasi accettarlo, ma capita sempre più spesso che i bambini abbiano uno smartphone a 6 anni. Questa non mi sembra la migliore delle scelte educative possibili. C’è infatti il rischio che il bambino ne faccia un uso sbagliato e si esponga a contenuti pericolosi o non adatti alla sua età”.

Ma essere dei nativi digitali non può portare anche a sviluppare nuove capacità?
“Sì, ma non so dire quali possano essere effettivamente; l’unica che mi viene in mente al momento è una dimestichezza con le tecnologie che può essere molto maggiore rispetto alla nostra, che siamo solo degli ‘oriundi’ digitali, ma sono certo che presto ne vedremo altre, magari finora neppure immaginate”.