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Stili di vita

Fumo di terza mano: un nemico per la salute dei bambini

I residui tossici delle sigarette che rimangono su superfici, abiti e tappeti, sono più pericolosi del fumo passivo.

Pubblicato il 11.12.2014 e aggiornato il 12.12.2014 Scrivi alla redazione

Gli studi scientifici degli ultimi cinquanta anni hanno dimostrato in modo inconfutabile che il fumo di sigaretta produce effetti avversi per la salute. Nonostante ciò, il fumo rappresenta ancora un enorme problema di sanità pubblica e milioni di bambini soffrono gli effetti del fumo passivo con aumento dell’asma e delle malattie respiratorie.

Fortunatamente sempre più Paesi, come anche il nostro, hanno normative che limitano o vietano il fumo nei luoghi pubblici, con effetti sicuramente positivi. Sono comunque ancora sconcertanti i dati Istat che descrivono una Italia in cui fuma il 22,3% della popolazione sopra i 14 anni, un bambino su due sotto i 5 anni di età è esposto a fumo passivo o “di seconda mano” (con almeno un genitore fumatore) e un neonato su cinque ha la mamma fumatrice.

Negli ultimi anni, però, è stata individuata e definita un’altra modalità di esposizione, il cosiddetto “fumo di terza mano” (Third hand smoke, Ths) che è legato ai residui tossici di fumo di tabacco che rimangono su superfici, abiti, tappeti e nella polvere e che vengono poi inalati, ingeriti o assorbiti per via cutanea. Questi residui tossici del fumo reagiscono con sostanze presenti nell’ambiente come acido nitroso e ozono e producono formaldeide, acetaldeide e nitrosamine tabacco-specifiche (Tsnas) che hanno dimostrato avere effetto cancerogeno, peraltro di gran lunga superiore a quello delle molecole del fumo passivo.

Queste pericolose reazioni chimiche del Ths possono attuarsi in pochi secondi o in settimane, ma il reale problema è che gli inquinanti che ne derivano rimangono nell’ambiente per lungo tempo e non si eliminano con la semplice areazione come avviene per il fumo di seconda mano. Come hanno dimostrato recentissimi studi, infatti, questi residui tossici possono permanere anche diversi anni, sono estremamente difficili da eliminare e, con l’aumentare della loro presenza, innalzano rapidamente il rischio carcinogenico ambientale.

I bambini, specialmente se molto piccoli, presentano un rischio incrementato per il maggior tempo trascorso in casa e per i tipici comportamenti legati all’età, che facilitano sicuramente l’ingestione o l’inalazione di queste pericolose sostanze.

Alla luce di quanto detto è auspicabile che le nuove conoscenze possano facilitare l’instaurarsi di una maggiore consapevolezza sociale, familiare, genitoriale e di chi si occupa dell’infanzia, rispetto ai pericoli di questo insidioso fumo di terza mano, in particolare per i più piccoli. Sarà comunque fondamentale che la ricerca ci aiuti anche a individuare protocolli e detergenti per pulizie efficaci per risanare i luoghi contaminati (anche anni prima) e acquisire delle regole comportamentali nuove e specifiche per i fumatori. Questo se, nonostante le drammatiche evidenze, non riescono proprio a smettere!

Con la supervisione di:

Dott.ssa Margherita Caroli Pediatra

Prof. Andrea Vania Pediatra