Pelle e carezze nei neonati
La pelle attraverso le carezze, lo stare in braccio, permette ai piccoli di entrare in comunicazione con il mondo rendendoli più empatici con gli altri.
La pelle è un organo complesso che ha molteplici funzioni che conosciamo bene, come mantenere la temperatura e l’umidità corporea, difendere l’organismo dall’aggressione di germi potenzialmente patogeni, rappresentare la prima barriera ai traumi, ma ne ha altre a cui pensiamo di rado. Infatti la pelle è un meraviglioso organo di senso che ci fa sentire dolore, caldo, freddo e quindi ci permette di sottrarci a stimoli potenzialmente nocivi (fuoco, ghiaccio, sole intenso, punture di insetti e così via), e ci fa avvertire le vibrazioni contribuendo così a stabilizzare il movimento. Ma la pelle, come ormai ampiamente confermato dalla comunità scientifica, ha dei recettori nervosi specializzati per recepire e trasmettere al cervello la sensazione della carezza, intesa come un tocco delicato della pelle a bassa velocità, chiamati caress detector.
Che vi fosse qualcosa che ci emoziona durante questo leggero tocco della pelle è cosa nota e sperimentata da tutti, ma quello che è nuovo è la dimostrazione che siano terminazioni nervose specifiche che partendo dalla pelle, attraverso collegamenti con il sistema nervoso periferico e centrale, mettono in collegamento le emozioni in entrata ed in uscita dal nostro cervello (rossore delle guance per emozione, sudorazione per paura, batticuore per un bacio e così via). Nel neonato questo canale primordiale di esperienza, quando gli altri sensi non sono ancora completamente sviluppati, è il primo che lo pone in relazione con il mondo esterno ed è tanto più importante quanto più prematuro è il neonato.
La pelle alla nascita è rivestita di vernice caseosa, cioè di uno strato grasso che ricopre il bambino per proteggerlo dalla macerazione del liquido amniotico e permettergli di mantenere costante la sua temperatura corporea. Infatti le linee guida per la cura del neonato raccomandano di rimandare il bagnetto ad almeno 6 ore dalla nascita, meglio sarebbe alle 24 ore, in modo da non fargli subire lo shock termico legato al nuovo ambiente, dato che anche la pelle ha bisogno di qualche giorno per maturare lo strato corneo più esterno. Naturalmente per i prematuri tale raccomandazione si rafforza perché i più piccoli vanno anche più facilmente incontro a ipotermia. Al neonato non fanno piacere i movimenti bruschi e veloci, apprezza le carezze e i massaggi su tutto il corpo, esige un contatto più intimo, pelle a pelle, con la mamma. Quanto più precocemente è iniziato questo contatto, ad esempio già immediatamente dopo la nascita, tanto più salda sarà la conoscenza reciproca che permetterà al neonato di legarsi alla sua prima accuditrice rendendo automatico anche l’allattamento. Si tratta del primo contatto benefico che avvolge il neonato e che lo accompagnerà per tutta la vita.
Le carezze, gli abbracci, lo stare in braccio, il portare il bambino addosso permettono ai piccoli di tutte le età di entrare in comunicazione con il mondo esterno più facilmente, e li rendono più empatici nei confronti degli altri.
La carezza attraverso terminazioni nervose presenti sulla pelle invia messaggi al cervello, questo attiva la liberazione di ossitocina, un ormone coinvolto in tutti gli stati emozionali positivi dell’individuo (innamoramento, amicizia, accudimento, partecipazione affettiva). Neanche a dirlo, si tratta dello stesso ormone che durante la suzione, con la stimolazione del capezzolo e delle zone di cute che circondano l’areola mammaria e il contatto fisico stretto facilita la produzione del latte e favorisce l’allattamento prolungato. L’ossitocina riduce lo stress e la paura, migliora l’umore, facilita il sonno, rende più positivi. Non a caso nei reparti di terapia intensiva neonatale si pratica la marsupioterapia, con essa si è visto che i pretermine crescono più rapidamente e sono più reattivi. La stessa modalità che le mamme africane ci hanno insegnato di applicare a tutti i bambini quando sono stretti al corpo attraverso fasce o marsupi.
Non credo fosse necessaria la dimostrazione scientifica dell’efficacia della carezza sull’essere umano e non solo, vedi come funziona anche con i cani, gli animali più vicini a noi per comportamenti di gruppo, e quanto il loro semplice contatto aiuti alcuni bambini con problemi relazionali. Tutti, a tutte le età, hanno bisogno di carezze, abbracci, strette di mani, massaggi, sfioramenti perché producono serenità e benessere. Per questo sforziamoci di non essere parchi di questi atteggiamenti con tutti e soprattutto con i bambini, accarezziamoli e stringiamoli a noi con dolcezza (anche le madri con problemi post parto ne avranno grande giovamento), ricordando sempre che le carezze e i massaggi sono di grande aiuto anche in caso di dolore dei piccoli.
La carezza rappresenta nel bambino, rispetto a vista, udito e olfatto, il principale canale per esprimere comportamenti di appartenenza a un gruppo e all’inizio della sua vita rafforza la simbiosi con la madre.
Un bambino cresciuto privo di comportamenti affettuosi avrà certamente una vita di relazione più difficile e spesso svilupperà comportamenti aggressivi.