Genitori e sport: l’importante è che il bambino si diverta
Per un corretto sviluppo psicofisico dei bambini, lo sport deve essere soprattutto un divertimento.
Capita spesso, in un ambulatorio di nutrizione pediatrica, in particolar modo con bambini in eccesso di peso, di dover investire gran parte della visita nel convincere i piccoli e, invero, specialmente i loro genitori, della bellezza, dell’utilità ma, direi, anche della necessità dello sport e dell’attività fisica.
Troppo frequentemente si concentra l’attenzione dei percorsi finalizzati alla perdita di peso unicamente sulla dieta, parola che ha acquisito ormai un’accezione negativa giacché associata a un’idea di proibizioni, rinunce e sacrifici. Il problema è che questa idea così diffusa è spesso assorbita dai bambini anche in precocissima età, perché magari hanno avuto modo di sentire la mamma lamentarsi di quanto sia difficile perdere peso e mangiare meno.
Invece, alla base del corretto accrescimento dei nostri figli ci sono l’attività fisica e il movimento in generale, e se nell’adulto questi aspetti rappresentano un fondamentale elemento di bilancio per agevolare il calo di peso e renderlo qualitativamente migliore, nei bambini costituiscono senza dubbio un elemento imprescindibile per la salute psicofisica, presente e futura. Considerando pertanto il fatto che solitamente un genitore è molto più concentrato sul benessere del proprio figlio che sul proprio (o comunque sente che vi sia maggior margine di miglioramento), faccio leva sull’amore parentale perché la questione dell’attività fisica diventi centrale nell’approccio educativo. Il nodo è rappresentato, a questo punto, dall’educare attraverso l’esempio.
Sicuramente, il bimbo di genitori dinamici e sportivi sarà più incline al movimento e tenderà a considerarlo una modalità naturale, non imposta. Non è mai troppo presto per iniziare a dare il buon esempio che, per un bimbo sotto i 4 anni, può limitarsi all’abitudine di raggiungere a piedi i luoghi di utilità quotidiana come scuola, supermercato, palestra. In seconda battuta, occorre trovare il contesto per un avviamento allo sport in cui prevalga l’aspetto ludico, il coinvolgimento dei pari e la crescita non solo fisica ma psicologica.
Molto si è studiato, in particolare negli Stati Uniti, sui forti legami tra sport e sviluppo psicologico, e l’attenzione si è concentrata non solo sul tipo di istruttore e di attività più idonee per l’età pediatrica, ma anche sul comportamento più utile da parte dei genitori. L’aspetto di rilievo è la capacità di far vivere l’esperienza sportiva primariamente come un momento di grande divertimento, e ciò dipenderà da quanto il genitore riuscirà a trasmettere sicurezza e autostima al bambino. A questo scopo ci sono tre suggerimenti fondamentali:
- considerare lo sport come un gioco e non come un impegno;
- non sovrapporre le proprie personali aspirazioni a quelle dei piccoli: la loro tendenza naturale alla competizione è ben diversa da quella che si determina in età successive;
- focalizzare l’attenzione sul processo di esecuzione dell’atto ginnico piuttosto che sul risultato.
Viviamo in una società che invece dà troppa importanza al successo e alla vittoria, ma la vittoria deve derivare dall’impegno continuativo e dal divertimento. Il bambino va abituato a concentrarsi sulla singola partita o gara piuttosto che sul numero di vittorie. Il motto di Pierre de Coubertin – “l’importante non è vincere, ma partecipare” – appare, rispetto all’idea generalizzata dello sport, una frase vuota e retorica, invece rappresenta esattamente il messaggio da trasmettere ai piccoli che si approcciano allo sport. Ci sarà di fatto tutto il tempo, in età successive, per sviluppare l’agonismo e la competitività che avranno, però, delle radici salde nella consapevolezza di sé e nell’abitudine a fare dell’attività fisica uno stile di vita.
Il genitore come modello di riferimento dovrebbe trasmettere compostezza ed equilibrio durante la competizione, partecipando senza esprimere, verbalmente o meno, disapprovazione e giudizi. Astenetevi, dunque, dal dare consigli su come fare meglio o tantomeno vincere: durante le gare e le partite bisogna solo infondere fiducia. Il sovraccarico d’indicazioni o attese conduce spesso a sbagliare. Lasciate i consigli fuori dal campo e concentratevi su un pacato sostegno disinteressandovi, per quanto difficile, del risultato. Per esempio, dopo una gara, invece di chiedere “hai vinto?”, provate a dire ”ti sei divertito?”. Così trasmetterete il giusto messaggio
Interessante è notare come un approccio simile, centrato sul divertimento, la partecipazione e l’impegno piuttosto che sul risultato, possa rappresentare un efficace strumento mutuabile agli altri ambiti in cui si muove il bambino, come la scuola o le (talvolta troppe) attività extrascolastiche.