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Psicologia

Comportamento selettivo a tavola? Può essere un disturbo

Chi è colpito dall’Arfid (Avoidant restrictive food intake disorder) mangia solo pochi cibi e sempre gli stessi: come riconoscerlo e le terapie per affrontarlo.

Pubblicato il 02.05.2017 e aggiornato il 11.07.2022 Scrivi alla redazione

C’è chi mangia solo cibi passati o frullati, che non richiedono masticazione. Chi accetta (o evita) solo cibi di un determinato colore e chi predilige una dieta liquida. Sono le persone colpite dall’Arfid (Avoidant restrictive food intake disorder) ovvero il disturbo evitante restrittivo nell’assunzione di cibo. Definizione introdotta nel 2013 dalla quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, l’Arfid può manifestarsi a tutte le età, anche nei bambini e negli adolescenti. Di cosa si tratta? Quali sono i sintomi e come si può prevenire questo disturbo? Ne parliamo con la dottoressa Margherita Caroli, consulente dell’Unione europea e temporary advisor dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Dottoressa Caroli, che cos’è l’Arfid?
È un disturbo caratterizzato da un comportamento molto selettivo nell’accettazione del cibo, sia dal punto di vista della qualità sia da quello della tessitura. I soggetti che ne sono colpiti mangiano solo alimenti passati o frullati, solo cibi di un determinato colore o non accettano cibi di un determinato colore. Mangiano sempre le stesse poche cose. Bisogna fare attenzione a non confondere l’Arfid con la bulimia o con l’anoressia nervosa: questi soggetti non sono interessati al peso corporeo o alla forma fisica, il dimagrimento è una conseguenza del loro comportamento a tavola, non il loro obiettivo. Queste persone hanno paura di conoscere alimenti nuovi e di soffocare con pezzi di cibo, per questo scelgono quelli passati. L’esordio può essere legato a un fenomeno acuto, come una diarrea o una gastroenterite o ancora qualcosa che è andato di traverso, da qui la paura di soffocare o stare male. Ma l’episodio acuto non è la causa dell’Arfid. Se il comportamento viene portato all’eccesso bisogna verificare che non ci sia un problema psichiatrico”.

Quali sono i sintomi di questo disturbo?
“Possono esserci altri comportamenti ansiosi, ad esempio verso la scuola, la paura frequente di incidenti, comportamenti monotoni in altri campi della vita. L’Arfid può essere parte di un disturbo più grande, fino ad arrivare all’autismo”.

E se il rifiuto di determinati cibi fosse invece dovuto a semplici capricci?
“Non tutte le difficoltà alimentari del bambino sono infatti indice di malattia o disagio. Va tenuto presente che i casi di Arfid sono rari: meno del 20% nei centri che si occupano di persone con disturbi alimentari e ancora meno nella popolazione generale. La difficoltà ad assumere cibi nuovi è fisiologica tra uno e tre anni, per questo motivo i genitori devono accompagnare i bambini e non assecondarli quando rifiutano certi alimenti. Non si parla di Arfid nel caso in cui un bambino non ha mai imparato o si rifiuta di imparare a masticare e i genitori lo assecondano continuando a dargli cibo frullato. In questo caso, si tratta di genitori poco autorevoli che lasciano il bambino da solo a prendere decisioni, che loro non sono in grado di prendere”.

Come si interviene quando viene diagnosticato l’Arfid?
“Con un team multidisciplinare che preveda l’intervento di psichiatra, nutrizionista e terapista della riabilitazione nutrizionale. Al di là della terapia, ciò che è importante è prevenire comportamenti di questo tipo, insistendo già con i bambini perché abbiano un’alimentazione varia. Così come non si può raccontare sempre la stessa storia al proprio figlio, così dobbiamo insegnargli a mangiare cose diverse. Serve avere un comportamento fermo, offrire sempre alimenti nuovi, chiedere che ne assaggino almeno un po’, qualche cucchiaiata o forchettata. Solo così si possono evitare deviazioni patologiche da comportamenti alimentari normali”.