Il Sonno del neonato
Il sonno è uno degli aspetti importanti che definisce l’equilibrio nel rapporto mamma-bambino
Il Sonno è indispensabile per ripristinare le funzioni del cervello e, infatti, senza sonno si muore. Al sonno si deve per forza cedere! Eppure sono molti i genitori che parlano di difficoltà dei loro figli ad addormentarsi o dei loro risvegli notturni frequenti e chiedono soluzioni o consigli per un adeguato comportamento.
L’apprendimento del ritmo Sonno-veglia
Due sono i momenti importanti nello sviluppo neurologico del bambino per acquisire un ritmo sonno-veglia adeguato: il primo a 3-4 mesi, quando il piccolo si adatta al ritmo luce-buio, ed il secondo a 8-9 mesi, quando compare l’angoscia dell’estraneo e aumenta l’ansia di separazione dalla madre.
Per far acquisire più rapidamente il ritmo sonno-veglia, alcuni consigliano di esporre i bambini alla luce di giorno e al buio di notte, o propongono di far precedere il sonno notturno da un rituale fisico costante come fargli il bagnetto o cantare una ninna nanna. Sicuramente ciò è utile, ma è innegabile che il neonato ha bisogno del contatto fisico con la sua mamma e dei suoi tempi, che non necessariamente coincidono con quelli dei suoi genitori.
L’importanza del contatto fisico con i genitori
Da una indagine condotta dall’Associazione Culturale Pediatri della regione Puglia e Basilicata, attraverso la somministrazione ai genitori di un questionario e di un diario del sonno, si è visto che il 72% dei bambini tra 1 mese e 3 anni ha bisogno della presenza del genitore per addormentarsi e la maggior parte di loro, cioè il 67%, richiede un contatto fisico. Di conseguenza l’86% dei bambini tra 1 mese e 3 anni dorme insieme ai genitori, anche se non tutte le notti. Dai 3 ai 5 anni, la percentuale scende sensibilmente ed oltre i 5 anni sono pochissimi i bambini che dormono nel lettone, questo probabilmente per una spontanea e naturale evoluzione delle abitudini del sonno dei bambini verso una autonomia.
Quindi i neonati ed i bambini, soprattutto nel primo anno, cercano naturalmente un contatto fisico con i genitori per addormentarsi e dormire sonni tranquilli? Sembrerebbe di sì.
Dopo 9 mesi in cui il neonato ha vissuto “dentro” la sua mamma sballottolato dai suoi movimenti, allietato dalla sua voce e dalla sua musica, cullato nel momento del riposo, non soggetto alla luce esterna, ma intimamente legato ai suoi ritmi, è difficile pensare che, dopo questo “Eden”, sia in grado di gestire il suo sonno ed il suo risveglio automaticamente, senza un periodo di adattamento!
Del resto quasi tutti i bambini del mondo poco industrializzato in Africa ed in Asia vivono costantemente a contatto con il corpo delle loro madri, sia per un prolungato allattamento e sia perché trasportati sulle loro spalle, in modo da seguirla in tutte le sue attività e prolungare così quel meraviglioso dondolio della gravidanza. Inoltre è presente ancora in alcune popolazioni l’abitudine di dividere il letto con la propria famiglia, come avveniva da noi una cinquantina di anni fa, e di abitare in case condivise con i nonni o gli zii che aiutano e sostengono le madri in questa nuova esperienza. Il sonno è uno degli aspetti importanti che definisce l’equilibrio nel rapporto mamma-bambino e quindi la neo-mamma andrebbe rassicurata ed aiutata sia dai parenti prossimi che dalla società che dovrebbe prevedere un periodo di astensione dal lavoro post-parto più lungo.
Fisiologicamente quindi i ritmi dei genitori non sono quelli dei figli e in uno sforzo eccessivo di coordinazione il sonno ne è penalizzato. Quindi calma e pazienza sono le armi migliori per ottenere una notte tranquilla.
Un altro momento particolarmente difficile per il sonno è quello tra i 6 e gli 8 mesi (che coincide tra l’altro con altri traumi come lo svezzamento ed il rientro al lavoro della mamma) in cui i bambini fanno fatica a staccarsi dalle madri e avvertono paura per l’estraneo. Probabilmente i piccoli percepiscono che anche le madri fanno fatica a staccarsi da loro in un circolo vizioso che crea ansia reciproca e quindi difficoltà di addormentamento e risvegli frequenti nel gioco delle parti “ci sei o non ci sei?” che rasserena tutti.
Un cenno a parte meritano i momenti ansiogeni per i bambini, anche più grandi, ad esempio la nascita di un fratellino, il cambiamento di casa, l’ingresso alla scuola materna, la morte di una persona cara e così via. Allora il livello di attenzione sale sensibilmente e la serenità di dormire, percepita come uno staccarsi dalla realtà, manca.
Metodo americano o metodo contadino?
Come comportarsi quindi con i bambini? Seguire il cosiddetto metodo americano che prevede che vadano abituati fin da subito alla loro stanzetta e al loro lettino per evitare che si “vizino” o il metodo contadino (dico io) che permette loro di vivere a contatto dei genitori nei lettoni fino a quando non vi è una normale autonomia.
Io propendo per questo secondo comportamento, però solo se è condiviso dai genitori e risulta essere per loro naturale, senza forzature, nel rispetto delle proprie necessità e di quelle del bambino, in modo da migliorare la relazione madre-bambino e madre-padre. Dobbiamo imparare a seguire la nostra istintività se è rispettosa del piccolo e di noi stessi.
Per cui sì al lettone o al bambino in camera se ciò ci aiuta a stare meglio, diversamente non è utile per nessuno.
Poche ma importanti regole
Al di là delle opinioni e delle esperienze personali, ciò che è assolutamente necessario conoscere ed applicare, riguardo il momento della nanna nel primo anno di vita, sono le seguenti regole:
- far dormire il neonato supino (cioè a pancia in su) perché riduce il rischio delle morti improvvise in culla dei primi mesi;
- non fumare nella stanza dei piccoli, e in generale in casa;
- sistemare il bambino in modo che i piedi toccano il fondo della culla o del lettino perché non scivoli sotto le coperte;
- mantenere la temperatura dell’ambiente in cui dorme intorno ai 20 gradi;
- ricordare che condividere il lettone con i genitori non è pericoloso se i genitori non assumono alcool o farmaci.
E, sereno sonno a tutti.