Colloqui genitori insegnanti: cosa dire ai colloqui con i professori
Colloqui genitori insegnanti: 8 domande da porre ai professori e come incontrare i genitori dall'angolo visuale del docente. Sinergia scuola famiglia.
Ogni famiglia ha mediamente due occasioni per incontrare gli insegnanti dei propri figli, i colloqui genitori insegnanti sono decisivi ai fini della costruzione di una proficua relazione scuola famiglia.
- Colloqui insegnanti: sono davvero importanti?
- A cosa servono i colloqui genitori insegnanti
- Colloqui genitori insegnanti: quando maestre e professori “parlano male degli alunni”
- Cosa dire ai colloqui con i professori
- 8 domande da fare ai professori e alle maestre durante i colloqui genitori insegnanti
- Quali indicazioni sono utili per i docenti?
- Portare il bambino o il ragazzo all’incontro con le maestre o i professori: sì oppure no?
Colloqui insegnanti: sono davvero importanti?
Il contesto educativo in cui si coltiva lo sviluppo dei bambini e dei ragazzi pretende uno stretto coordinamento tra scuola e famiglia; le esperienze maturate in ciascun contesto formativo, infatti, ricadono e influenzano i comportamenti e le reazioni che i giovani sviluppano e mettono in essere altrove.
A cosa servono i colloqui genitori insegnanti
Dalla prospettiva dei docenti, i colloqui con i genitori non sono e non devono essere il luogo per dare lezioni di genitorialità. “Vostro figlio è uno scostumato” oppure “Ha bisogno di regole”, non sono frasi tipo esempio di una corretta interlocuzione. Questa può essere arginata chiedendo aiuto al docente su come intervenire pragmaticamente per arginare le difficoltà del ragazzo, ovvero riportando il colloquio alla definizione degli interventi validi a riaccendere l’attenzione e la curiosità dello studente, a sostenerne l’autostima e a definire un metodo di lavoro funzionale agli apprendimenti.
Dal lato dei genitori, invece, il colloquio con l’insegnante non deve partire dal pregiudizio opposto, ma non differente, della svalutazione del docente o della sua materia.
Criticare gli insegnanti davanti ai figli: meglio non farlo può essere una “trappola educativa”
Criticare maestro o insegnante oppure muovere critiche alla disciplina (con frasi come: “Questa materia non ti servirà a niente nella vita“), soprattutto farlo davanti ai figli, non è mai proficuo: da un lato diminuisce il rispetto che il bambino o il ragazzo nutre nei confronti della scuola, qui intesa come sede di trasmissione delle conoscenze, e della categoria dei docenti, qui intesi come protagonisti del suddetto compito educativo; dall’altro mal predispone noi adulti. Mamma e papà dovrebbero, invece, predisporsi all’ascolto e accettare anche la restituzione di un ritratto del figlio diversa dalle aspettative.
Colloqui genitori insegnanti: quando maestre e professori “parlano male degli alunni”
La maestra – i professori mi restituiscono un racconto di mio figlio completamente diverso dal bambino – ragazzo che conosco! Come è possibile? Questa situazione accomuna molti genitori e si traduce facilmente nell’idea preconcetta che il docente mal veda lo studente.
Proviamo a guardare la cosa da un punto di vista più pedagogico: il contesto scuola, come ogni contesto sociale, è diverso dal contesto dalla casa dove i figli si sentono liberi e a proprio agio. La casa rappresenta la zona di comfort mentre uscendo il bambino e il ragazzo lasciano questa “bolla” caratterizzata da rapporti protetti e si misurano con gli altri, con concezioni e modi di essere differenti, muovono i primi passi nel mondo.
Pertanto, nel misurarsi con l’ambiente esterno, non è detto che nostro figlio non abbia reazioni per noi “inaspettate”: non sarà sempre e ovunque il bambino che conosciamo e viviamo tra le mura domestiche! Qualcuna tra le sue reazioni, per quanto di adattamento o sopravvivenza, potrà persino manifestare un disagio.
In tal senso, conoscere come si comporta nostro figlio, oltre al mero andamento scolastico traducibile in voto, non va appreso con ansia, paura o percepito come un’accusa alla nostra impostazione genitoriale, piuttosto dev’essere vissuto come l’occasione di cogliere ulteriori aspetti caratteriali e comportamentali del bambino e del ragazzo.
Cosa dire ai colloqui con i professori
È importante arrivare agli incontri con un atteggiamento mentale di disponibilità e collaborazione. Così predisposti, è utile preparare una precisa lista di dubbi e domande. Nella stessa ottica della zona di comfort e del fatto che uscendo di casa il bambino-ragazzo si misura con stimoli sociali che possono richiedere adattamenti complessi e impegnativi, è importante confrontarsi con gli insegnanti su ciò che noi genitori osserviamo dalla prospettiva della casa.
Ragioniamo attraverso un esempio pratico: a casa ritornano quaderni disordinati e nei compiti svolti in classe constatiamo una scrittura imprecisa mentre l’esecuzione dei compiti a casa ci pare complessivamente più ordinata e pulita.
“Maestra, i quaderni di Mario mi sembrano disordinati, noto che nell’eseguire i compiti in classe la sua scrittura è più imprecisa e l’ordine viene a mancare. Diversamente quando lavora a casa è più preciso. Ho immaginato che a scuola non gli basti il tempo perché mi ha riferito che deve eseguire i compiti in classe presto presto. È forse lento rispetto ai compagni? ” Immaginate di nutrire un dubbio di questo tipo, immaginate di essere il genitore che si è convinto che il figlio sia lento. Senza parlare con la maestra questa mamma o questo papà potrebbero persino sentirsi in dovere di stimolare il bambino o il ragazzo ad essere più veloce.
Parlando con la maestra, però, potrebbero scoprire qualcosa di diverso: “Caro papà o cara mamma, noi qui abbiamo un problema: Mario prova sempre di fare a gara con Anna. Sto cercando di far capire a entrambi che sono ugualmente bravi, che hanno ciascuno il proprio talento e che la scuola non è una gara”, immaginate, dunque, quanti possibili scenari può aprire una maestra o un professore da quell’angolo visuale privilegiato che è l’aula e al quale noi non abbiamo accesso.
8 domande da fare ai professori e alle maestre durante i colloqui genitori insegnanti
- Mio figlio\a è in linea con gli apprendimenti della sua età\classe?
- Mostra interesse per la materia?
- A quali materie è più interessato?
- C’è qualche approfondimento o argomento che potrebbe aiutarlo ad appassionarsi o sostenere la sua già vivida passione?
- Come posso sostenere e valorizzare mio figlio a casa aiutandolo ad avere un approccio proficuo allo studio?
- Quale metodo mi consiglia di utilizzare per facilitare lo studio e l’apprendimento di mio figlio?
- Secondo la sua esperienza con i bambini-ragazzi, c’è qualche libro che potrebbe leggere su argomenti di interesse relativi alla sua materia e formativi in questo momento della sua vita?
- Riesce a socializzare con i suoi compagni? Come sta nella classe e che rapporto ha con gli insegnanti e gli adulti di riferimento a scuola?
Quali indicazioni sono utili per i docenti?
In maniera indiretta hanno un peso specifico nel colloquio con gli insegnati la socialità e la responsabilità rispetto all’interesse e alla curiosità dei bambini e dei ragazzi.
Socialità: in che misura deve interessare le famiglie
Durante i colloqui scuola famiglia, non bisognerebbe concentrare la propria attenzione solo sul ragazzo, ovvero solo sul rendimento: hanno un peso specifico importante i comportamenti sociali (ed eventuali problematiche ad essi relative) e parlarne implica un’indagine sulle relazioni che lo studente intrattiene con i coetanei e con gli adulti di riferimento (ovvero le figure dei docenti, quelle del personale scolastico e anche quella del dirigente scolastico).
Care mamme e cari papà, ricordate che un apprendimento ampio e completo può avere luogo solo in un ambiente sereno dove lo studente si senta parte, ovvero accettato dal gruppo come dai docenti, e dove percepisca sé stesso come valido, la sua presenza come importante.
La scuola è incontro, affermazione e partecipazione, in essa nessuno è solo un numero.
La responsabilità dell’interesse degli studenti è innanzitutto a carico degli insegnanti
È compito del docente stimolare l’attenzione della classe, qui considerata come nucleo e contemporaneamente come insieme di singole identità .
È scientificamente provato dai più recenti studi sulla didattica che le vecchie lezioni frontali non sono funzionali a stimolare curiosità e attenzione. Le lezioni frontali sono basate su un rapporto gerarchico, se non di potere, tra docente e discenti in cui il primo spiega e i secondi vengono interrogati; in cui il primo trasmette orizzontalmente e in maniera mono-direzionale i saperi e i secondi sono chiamati a incamerare; in cui poco spazio trova l’esperienza, la sperimentazione e la relazione dialettica.
La scuola moderna meriterebbe una trasmissione del sapere esperienziale, multifunzionale, multidisciplinare e persino emotiva. Ogni lezione dovrebbe essere fonte di nuovi interessi e nuove curiosità.
Recenti studi di neuro-pedagogia invitano ogni insegnante, e già le maestre dell’infanzia e del ciclo di scuola primaria, a cambiare metodologia di lavoro in aula ogni 20 minuti. Si stima una maggiore attenzione e partecipazione degli allievi dedicando 20 minuti a ogni approccio e alternandoli, per esempio 20 minuti alla spiegazione; 20 all’esercitazione scritta; 20 al disegno; 20 al confronto orale; 20 all’applicazione pratica e via dicendo, ciò anche mutando le materie e gli insegnanti all’interno della giornata.
Nessun bambino potrà mantenere alta e costante l’attenzione se per l’intera giornata scolastica la maestra spiegherà e interrogherà oppure pretenderà dai bambini della materna che punteggino o colorino, senza mai variare approccio.
Portare il bambino o il ragazzo all’incontro con le maestre o i professori: sì oppure no?
Se sia giusto o meno portare il figlio con sé al colloquio dipende dai casi, la valutazione di base da fare parte dall’esistenza o meno di un “problema” da risolvere considerando altresì che esistono diverse tipologie di incontri.
Se uno studente non ha criticità, raccoglie soddisfazioni e si tratta di un incontro di routine può certamente parteciparvi; allo stesso modo genitori e insegnanti possono ritenere necessaria la presenza del bambino o del ragazzo se il colloquio è teso a motivarlo e stimolarlo. Quando gli adulti si ritrovano per studiare strategie, invece, il consiglio è quello di una relazione preliminare tra educatori con l’obiettivo esclusivo di mettere in campo un valido coordinamento e un proficuo piano d’azione per offrire al bambino o al ragazzo possibilità di miglioramento e/o cambiamento.
È importante, tanto nella partecipazione dello studente al colloquio quanto nella restituzione al figlio degli esiti dello stesso, non tradurre in un’accusa e in una mortificazione quanto ne risulta. Il migliore consiglio è positivizzare i percorsi e tradurre gli eventuali inciampi, gli eventuali errori in opportunità per il futuro.