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Malattie infantili

Inappetenza nel bambino: tutto quello che devi sapere

Inappetenza nel bambino: selettività alimentare, quanto può durare la condizione di inappetenza, come aiutare il bambino che non mangia o rifiuta il cibo, neofobia e ARFID. I consigli dei pediatri e dell'educatore

Pubblicato il 02.07.2023 e aggiornato il 18.08.2023 Scrivi alla redazione

L’inappetenza, ovvero lo scarso appetito del bimbo, quando constatata dai genitori li mette subito in allarme. Sgomberiamo il campo da un’ansia frequente: le cause di inappetenza nei bambini sono molte e non necessariamente patologiche.

L’inappetenza nel bambino non è sempre sinonimo di malattia e nemmeno di malessere

La mancanza di appetito può essere una condizione transitoria, in estate può essere determinata dal caldo; può dipendere da una selettività alimentare e quindi da una scarsa curiosità verso il cibo; come può essere legata al fatto che il bimbo ancora non ha imparato quanto sia bello mangiare. Spesso è sintomo della necessità di instaurare una nuova relazione con la tavola (intesa come stare a tavola e condividere il momento della convivialità) e con l’alimentazione.

Inappetenza nella prima infanzia: “Mio figlio non mangia la pappa”

Nella primissima infanzia, la preoccupazione genitoriale dinnanzi allo scarso appetito deriva dal fatto che con il passaggio dal latte ai cibi solidi i genitori perdono quelle piccole sicurezze sull’alimentazione del loro figlio e tendono a farsi prendere dalla preoccupazione che non mangi mai abbastanza.

Prima di porgere ai Pediatri la fatidica domanda: “Mio figlio non mangia abbastanza, cosa devo fare?“, soffermiamoci per un momento sul grilletto psicologico che innesca la paura di mamma (e anche di papà) davanti alle pietanze che restano nei piatti dei bimbi.

L’allattamento esclusivo al seno è un ponte tra la vita intra-uterina e quella extra-uterina, momento in cui la mamma continua a nutrire il suo bambino col corpo; offerendo il seno la mamma non vede il latte che passa dalla bottiglina alla bocca del piccolo e la percezione del nutrimento è restituita dall’appagamento del bambino e dalla constatazione, evidentemente non immediata, della sua crescita.

Con l’allattamento al seno la madre crea una relazione di cura in cui è il suo stesso corpo a soddisfare il bisogno di nutrire il piccolo. Agli occhi di noi adulti, passando alle prime pappe la “misura del bisogno di nutrimento” diventa la quantità di cibo contenuta nel piatto. La prima riflessione va fatta su questo: l’alimentazione è un fenomeno più ampio che riguarda molto altro e va dal come si offre il cibo al contesto in cui si fa la pappa, non possiamo valutare il piacere verso il cibo solo da quanto il piccolino riesca a consumare del suo pasto. Mangiare è un piacere che i bambini devono scoprire. E, in quest’ottica, il discorso può essere esteso anche ai divezzi che vengono da un allattamento artificiale o misto.

Inappetenza nel bambino - alimentazionebambini. It by coop
Come comportarsi se il bambino non mangia – alimentazionebambini. It by coop

Come comportarsi col bambino che non mangia o rifiuta alcuni cibi specifici

Abbiamo sottoposto alla Dott.ssa Caroli alcune domande sul tema inappetenza nei bambini

Perché è così diffusa la paura che il proprio bimbo non si nutra a sufficienza?

Secondo il Prof. Vania, responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione Pediatrica dell’Università “Sapienza” di Roma e previous President dell’ECOG, l’European childhood obesity group: “I genitori credono che il bambino, dal momento che è diventato più grande, debba avere per forza di cose più fame e quindi debba mangiare di più. Invece, nella realtà, rispetto al primo anno di vita, il bambino cresce in proporzione meno e ha quindi minori necessità, per cui, per almeno tutto il suo secondo anno, spesso anche per il terzo o parte del terzo, non bisogna cambiare granché le quantità. Questo tra l’altro è facilmente comprensibile se si pensa che nel primo anno di vita il bambino cresce di circa 1 kg al mese. Se continuasse così anche in seguito, quanto dovrebbe pesare da adulto? Una tonnellata? Inoltre, con l’introduzione dell’alimentazione complementare (il vecchio svezzamento o divezzamento) i genitori tendono a non fidarsi più della capacità di autoregolarsi del loro figlio.”

È importante non confondere un calo dell’appetito o una selettività del cibo con un fenomeno più naturale e fisiologico: l’autoregolazione.

Fino a che età i bambini hanno questa capacità di autoregolarsi con la quantità di cibo da mangiare?

Alcuni studi indicherebbero che tale capacità duri almeno fino ai 5-6 anni.

Quali sono i fattori che determinano questa capacità?

L’autoregolazione sembrerebbe basarsi su 3 elementi:

  • le calorie totali acquisite nella giornata;
  • le proteine totali della giornata;
  • la densità proteica dei singoli pasti, ovvero quanto siano ricchi di proteine.

In questa delicata fase (quella cioè dell’autoregolazione) bisogna stare attenti a non trasmettere segnali confondenti. Ad esempio, forzando il bambino a mangiare, gli si trasmette un messaggio non verbale molto chiaro: “Tu, bambino, non sai quanto devi mangiare, non devi fidarti del fatto che tu ti senta sazio, ma devi ascoltare chi è più grande di te e le cose le sa”.

Ciò è molto pericoloso poiché, oltre a determinare il fatto che il bambino mangi più del necessario, si mina anche la sua autostima e la sua capacità di regolarsi in generale.

Rispetto all’alimentazione (dalla routine del pasto al quanto si mangia) chi decide: mamma e papà o il bimbo?

Il Prof. Vania afferma a tal riguardo che: “il momento del pasto è in realtà un momento in cui alcune decisioni spettano al genitore, mentre altre spettano al bambino.
Il genitore deciderà:

  • quando si mangia;
  • qual è la quantità massima;
  • la mancanza di alternative;
  • la necessità di accogliere i rifiuti senza farne un dramma.

Il bambino, a sua volta, deciderà:

  • se mangiare o meno;
  • quanto mangiare di quella porzione.

Questo ovviamente implica che, se il bambino non finisce un piatto, è opportuno non dargli nulla se dopo un’ora proclama di aver fame. Solo così può capire che ogni scelta nella vita ha delle conseguenze. Tradotto: ha scelto autonomamente di non mangiare quando il cibo c’era; può tranquillamente “patire” un minimo di fame fino alla merenda o al pasto successivi.
Qualcuno ribatterà che stringe il cuore rifiutare di dare del cibo al proprio figlio, ma bisogna sempre ricordare che fare i genitori comporta prendersi delle responsabilità e darsi e dare delle regole. E le regole si insegnano facendole applicare.

Inappetenza o cattiva alimentazione: quali i rimedi per favorire l’appetito del bimbo?

La verità è che troppo spesso i bambini più che non mangiare abbastanza è che mangiano male: seguono o comunque tendono a prediligere un’alimentazione il più delle volte estremamente ripetitiva, dove ammettono e gradiscono solo alcuni alimenti (per lo più pasta e carne), e dove ogni tentativo di far accettare nuovi cibi è inutile, se non addirittura controproducente.

Questa monotonia alimentare in genere all’inizio procura molta preoccupazione alle famiglie, ma pian piano cede il posto alla rassegnazione, sostenuta dal fatto che il piccolo comunque cresce.Ma siamo certi che l’accrescimento (così come l’attenzione, e perfino l’intelligenza) sarebbero le stesse se il bambino-ragazzo non avesse invece una alimentazione più ricca e completa?

Inoltre, se per carboidrati, proteine e lipidi pensiamo di soddisfarne il fabbisogno energetico quotidiano, possiamo dire la stessa cosa per gli oligoelementi, come le vitamine e i sali minerali? In realtà no, infatti per avere una sana alimentazione gli alimenti devono essere vari ed equilibrati nelle proporzioni perché è questa l’unica possibilità che abbiamo di contribuire alla buona salute attuale e futura dei nostri figli.

Quali sono gli alimenti che più spesso vengono rifiutati dal bambino?

Gli alimenti che più frequentemente vengono rifiutati sono spesso quelli più sani, cioè frutta, verdura e pesce. A volte si associano a questi rifiuti anche il rifiuto di carne e latticini.

Gli alimenti che invece sono in genere più graditi ai bambini sono pasta, dolci, prosciutto cotto, parmigiano, focaccia e wurstel. Questo però è un tipo di alimentazione che fornisce solo carboidrati, grassi saturi, e proteine animali. Mancano minerali e vitamine, antiossidanti, fibra e grassi “buoni”.

La dieta per essere adeguata, soprattutto nelle fasi dello sviluppo, deve essere il più varia possibile, sia in ambito giornaliero che settimanale.

Va inoltre ribadito che anche alimenti notoriamente sani, come ad esempio lo yogurt, se consumati in eccesso e abusati, se insomma costituiscono il fulcro di un’alimentazione monotona e non vengono considerati invece nell’ambito della sana variabilità possono diventare dannosi, ad esempio semplicemente perché forniscono sufficienti calorie e tanti nutrienti che però tolgono spazio ad altro.

Quanti pasti e quante calorie nell’arco della giornata?

Ricordiamo infine che la sana alimentazione prevede 5 pasti con una distribuzione calorica prestabilita:

  • colazione 20%
  • spuntino 5%
  • pranzo 40%
  • merenda 5%
  • cena 30%

L’inappetenza non può essere legata a malattie o a piccoli malesseri?

Certo, capita così anche a noi adulti, di avere cioè in alcuni giorni più fame e in altri di meno, specie quando siamo alle prese con influenze, gastroenteriti, o altri piccoli e passeggeri malanni di stagione. Perché non dev’essere così anche per il bambino? Essere piccoli non vuol dire essere diversi.

15 consigli utili per aiutare il bimbo inappetente a mangiare - alimentazionebambini. It by coop
15 consigli utili per aiutare il bimbo inappetente a mangiare – alimentazionebambini. It by coop

15 Consigli utili se il bambino non vuole mangiare

L’alimentazione non si fa proponendo il piattino col cibo al bambino e imboccandolo, si impara, invece, ad apprezzare il cibo costruendo il percorso alimentare, scoprendo le materie prime e seguendone la trasformazione in piatto da condividere anche nell’esperienza con gli adulti.

Pertanto i consigli che elenchiamo sono quelli che prevedono di coinvolgere i bambini ogni qual volta sia possibile:

  1. nel fare la spesa;
  2. nell’organizzazione del menù settimanale che soddisfi, a rotazione, le esigenze di tutti;
  3. nel farli collaborare nella preparazione dei piatti e della tavola (nel lavare le verdure, nell’infarinare, nell’impastare);
  4. nel migliorare l’aspetto estetico del pasto (anche l’occhio vuole la sua parte), magari giocando anche sull’accostamento di colori diversi;
  5. nel non esagerare con quantità di cibi proposti (se ad esempio non ama un alimento metterne una quantità esagerata nel piatto non farà altro che spaventarlo);
  6. nell’offrire loro un clima sereno a tavola;
  7. nel preparare regolarmente anche alimenti che loro non mangiano, per il piacere del resto della famiglia, senza offrire alternative;
  8. nel non caricare di troppe aspettative il pranzo;
  9. nel parlare con gli adolescenti, magari con l’aiuto del pediatra, dell’importanza di una alimentazione completa (come stile di vita che rende “fichi” o “fighi”, a seconda della latitudine, non per la salute futura);
  10. nel farli mangiare alla mensa scolastica, anche se rimangono a digiuno, senza compensare a merenda questi eventuali digiuni;
  11. nel farli mangiare sempre a tavola con la famiglia, perché è indispensabile che vedano mangiare e sentano dire “buonissimo, gustoso, come t’è venuto bene!”;
  12. nel non insistere se rifiutano di mangiare, e nel non proporgli un’alternativa;
  13. nel non informarsi se a scuola hanno mangiato, questo riporterà nella giusta dimensione il valore del cibo; spesso, infatti, sono le maestre a fornire spontaneamente informazioni;
  14. nel non sospendere, comunque mai, la frequentazione della mensa scolastica, dato che l’esempio dei compagni può essere miracoloso;
  15. nel non mostrarsi preoccupati, soprattutto nei discorsi con gli altri, del fatto che mangiano poco.

Quando l’inappetenza o il rifiuto a mangiare sta diventando qualcosa di serio: i sintomi spia

Senza alimentare ansie è paure, è giusto considerare giusto quando preoccuparsi, ovvero a cosa prestare particolarmente attenzione. Consultate il Pediatra dinnanzi a questi sintomi spia:

  • il mangiare poco si riflette sulla crescita,
  • l’inappetenza diventa una situazione duratura e lunga, ovvero non è una situazione transitoria e momentanea.

Attenzione però a non banalizzare il problema: infatti se il più delle volte ci troviamo in una situazione di normalità che tende a migliorare e a risolversi spontaneamente è vero anche che in alcuni casi ci troviamo di fronte a vere e proprie manifestazioni di malessere.
Così l’inappetenza può essere:

  1. legata allo svezzamento,
  2. una disappetenza transitoria causata da febbre e malattie,
  3. espressione di neofobia,
  4. ARFID (Avoidant restrictive food intake disorder, ossia, in italiano il Disturbo Evitante Restrittivo nell’Assunzione di Cibo).

Cos’è la neofobia

Letteralmente, la neofobia è il rifiuto delle novità, ma in campo alimentare è anche il rifiuto di cibi già noti.

È così diffusa perché ha un’origine genetica determinata dall’evoluzione della specie. La specie umana, come altre specie animali, è composta da neofobici e neofilici: i primi non moriranno mai avvelenati, ma di fame sì; i neofilici, che invece apprezzano le novità, possono morire avvelenati, ma non di fame.

Ci sono periodi della vita in cui la neofobia è anche fisiologica: tra i 2-3 anni prima, e poi di nuovo intorno alla pubertà, ovvero quando il bambino prima e l’adolescente dopo iniziano ad affermare la loro autonomia. Sono periodi passeggeri, anche se hanno una durata non esattamente definibile. Il problema è far sì che non si prolunghino troppo e qui entrano in gioco i genitori.

Come si può aiutare un bambino a superare la neofobia?

L’unica cosa che funziona per superare la neofobia è riproporre i cibi rifiutati, in occasioni successive, come se niente fosse. In genere, occorrono dalle 10 alle 15 riproposizioni della medesima preparazione (dunque non semplicemente dello stesso cibo), che non devono essere continuative e quotidiane, ma neanche distribuite in un arco di tempo troppo lungo.

Riproporre lo stesso cibo cambiando ricetta può, infatti, da un lato essere utile per avvicinare il bambino a un gusto nuovo, ma dall’altro non garantisce che allora quel cibo piaccia poi sempre, qualunque sia il modo in cui viene presentato, perché ogni preparazione è un caso a sé.

Ci vuole quindi pazienza, perché i risultati non sono quasi mai immediati: i genitori non devono lasciarsi prendere dalla frustrazione né devono mettersi sullo stesso piano del bambino, perché altrimenti diventa una guerra in cui, come Davide contro Golia, quello che vince è proprio il bambino.

Cos’è l’ARFID

L’ARFID (Avoidant restrictive food intake disorder) è il disturbo evitante restrittivo nell’assunzione di cibo, un vero e proprio disturbo psichico che si può manifestare in diversi modi e a tutte le età.

È un disturbo caratterizzato da un comportamento molto selettivo nell’accettazione del cibo, sia dal punto di vista della qualità sia da quello della tessitura. I soggetti che ne sono colpiti mangiano, ad esempio, solo alimenti passati o frullati, solo cibi di un determinato colore o, al contrario, non accettano cibi di un determinato colore. Mangiano sempre le stesse poche cose, preparate però sempre nello stesso modo o con pochissime varianti.

Attenzione però a non confondere l’arfid con la bulimia o con l’anoressia nervosa

I soggetti affetti da ARFID infatti, diversamente da queste altre patologie, non sono interessati al peso corporeo o alla forma fisica, il dimagrimento è una conseguenza del loro comportamento a tavola, non il loro obiettivo.

Le persone affette da ARFID possono aver paura di conoscere alimenti nuovi o di soffocare con pezzi di cibo, per questo scelgono quelli passati. L’esordio può essere legato a un fenomeno acuto, come una diarrea o una gastroenterite o ancora qualcosa che è andato di traverso, da qui la paura di soffocare o stare male. Se il comportamento viene portato all’eccesso bisogna verificare che non ci sia un vero e proprio problema psichiatrico.

Ansia e ARFID

Sebbene spesso scatenato da un evento acuto non è questa la vera causa dell’ARFID. Spesso, infatti, sottostanno comportamenti ansiosi, ad esempio verso la scuola, la paura frequente di incidenti, comportamenti monotoni in altri campi della vita. L’ARFID può essere parte di un disturbo più grande, fino ad arrivare ad essere espressione di un disturbo dello spettro autistico (comunemente ma impropriamente detto autismo).

Come si interviene, quando viene diagnosticato l’ARFID? Esiste una cura?

Sicuramente bisogna intervenire con un team multidisciplinare che preveda l’intervento di psichiatra, nutrizionista e terapista della riabilitazione nutrizionale.

Al di là della terapia, ciò che è importante è prevenire comportamenti di questo tipo, insistendo con i bambini perché abbiano un’alimentazione varia. Così come non si può raccontare sempre la stessa storia al proprio figlio, così dobbiamo insegnargli a mangiare cose diverse. Serve avere un comportamento fermo, offrire sempre alimenti nuovi, chiedere che ne assaggino almeno un po’, anche solo una cucchiaiata o forchettata. Solo così si possono evitare deviazioni patologiche da comportamenti alimentari normali.

Rifiuto del cibo, cosa fare? E’ meglio forzarlo o assecondarlo?

Né l’una né l’altra cosa. Vale la regola di sempre: i genitori devono decidere che cosa dar da mangiare e la quantità massima di ogni alimento che il bambino può mangiare, d’altro canto il bambino o il ragazzo possono decidere se e quanto mangiare (entro il limite stabilito da genitori).

Quindi, se il giovane non vuole mangiare, non vanno proposte alternative, perché sono atteggiamenti come questi che possono far perdurare i comportamenti di rifiuto. D’altra parte, non succede nulla se il bambino salta un pasto. Attenzione però, perché non vanno neanche bene i metodi dei nonni, tipo riproporre lo stesso piatto per giorni finché il bambino non cede: sarebbe un’imposizione altamente diseducativa.

E se il rifiuto del cibo di determinati alimenti fosse invece dovuto a semplici capricci?

Secondo la Dott.ssa Caroli, consulente dell’Unione Europea e temporary advisor dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Non tutte le difficoltà alimentari del bambino sono indice di malattia o disagio. Va tenuto presente che i casi di ARFID sono rari: meno del 20% nei centri che si occupano di persone con disturbi alimentari e ancora meno nella popolazione generale. La difficoltà ad assumere cibi nuovi è fisiologica tra uno e tre anni, per questo motivo i genitori devono accompagnare i bambini e non assecondarli quando rifiutano certi alimenti.”

Non si parla di ARFID nel caso in cui un bambino non ha mai imparato o si rifiuta di imparare a masticare e i genitori lo assecondano continuando a dargli cibo frullato. In questo caso, si tratta di genitori poco autorevoli che lasciano il bambino da solo a prendere decisioni che non è in grado di prendere.

Spiegare che verdura, frutta e pesce fanno bene può far presa su un bambino?

Già… dire, per esempio, che la frutta può aiutare a prevenire il cancro, le malattie cardiovascolari o il diabete, sembrerebbe un argomento utile. Ma tutti gli studi insegnano che purtroppo queste spiegazioni – per quanto logiche siano, e piene di buon senso – non ha presa sugli adulti figuriamoci su bambini e adolescenti, che spesso (fisiologicamente) hanno scarsa concezione del “domani”. Questo è talmente vero che, in realtà, un adolescente che fosse sinceramente preoccupato della sua salute futura dovrebbe essere considerato una fonte di preoccupazione, non di soddisfazione!

Faq

Domande frequenti

Perché è così diffusa la paura che il proprio figlio non si nutra a sufficienza?

“I genitori credono che il bambino, dal momento che è diventato più grande, debba avere per forza di cose più fame e quindi debba mangiare di più. Invece, nella realtà, rispetto al primo anno di vita, il bambino cresce in proporzione meno e ha quindi minori necessità, per cui, per almeno tutto il suo secondo anno, spesso anche per il terzo o parte del terzo, non bisogna cambiare granché le quantità. Questo tra l’altro è facilmente comprensibile se si pensa che nel primo anno di vita il bambino cresce di circa 1 kg al mese.” Prof. Vania, responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione Pediatrica dell’Università “Sapienza” di Roma e previous President dell’ECOG, l’European childhood obesity group

Se il bambino rifiuta il cibo i genitori che devono fare? E’ meglio forzarlo o assecondarlo?

Cos’è l’ARFID?

Le vostre domande sull'argomento e le risposte dei pediatri

    • Nome: Andrea
    • Età del bambino:
    • Sesso:
    • Comune: LANCIANO
    • Domanda: Buongiorno, mio figlio Andrea di 14 mesi, (13 kg per 87 cm) ha iniziato a preferire gli yogurt a tutto. Non mangia più pasta né carne per pigrizia di masticare e forse anche per i primi caldi. Non so quali ricette inventare e molto spesso non le vuole neppure assaggiare. Abbiamo provato a farlo arrivare più affamato al pranzo, ma non va bene perché mangia troppi yogurt (anche tre vasetti) e non perde neppure tempo a guardare il piatto. Non mangia frutta fresca, non riesco a portarlo a pezzetti più grandi del macinato e ha già 8 denti. Se provo ad anticipare non ha fame, quindi non mangia e chiede solo lo yogurt. Come devo comportarmi? Beve due biberon di latte artificiale, uno la sera prima di dormire 210 ml con un biscotto e uno la mattina. Grazie
    Maria cammisa pediatra - alimentazione bambini by coop

    Dott.ssa Maria Cammisa

    Pediatra

    Gentile Giuliana, come lei certamente sa dai bilanci di salute che esegue con il suo pediatra e, come potrebbe verificare lei stessa utilizzando il Crescibimbo che trova sul nostro sito, Andrea è un bambino che cresce molto bene, al di sopra della media dei suoi compagni. Questo dato già ci deve tranquillizzare e fare ragionare con calma. Infatti è evidente che la situazione vi è sfuggita di mano. Una lieve disappetenza con i primi caldi è fisiologica, ma dare continuamente yogurt perché mangi non è giusto. Stiamo parlando di un ottimo alimento che però deve essere considerato una buona colazione o una buona merenda. Perché averne il frigo pieno? E soprattutto perché darglielo se non mangia quel che lei ha preparato con tanto amore e pazienza? Andrea ha sviluppato questa “passione” perché glielo avete permesso pur di vederlo mangiare, farete lo stesso se tra qualche anno vi chiedesse solo patatine? Chi stabilisce l’educazione, anche alimentare, dei figli, sono i genitori e il “purché mangi” non è di aiuto al bambino e nemmeno alla serenità della famiglia. Cambiate registro, fate sedere a tavola con voi il bambino ed offritegli quello che mangiate voi debitamente sminuzzato. Create un clima sereno, non vi scomponete se le prime volte non vorrà assaggiare nulla e mostratevi tranquilli e non apprensivi al suo rifiuto. Cercate di farlo collaborare durante il pasto sia usando le mani che il cucchiaino. Se fa caldo non è scritto nella Bibbia che si debbano mangiare cibi bollenti: la pasta cucinata un po’ prima del pasto e lasciata raffreddare va benissimo ed, ovviamente, basta con i brodini se ci sono 30°C… Eliminate gli yogurt ai pasti principali e resistete al ricatto dei digiuni. Non è cattiveria, è un modo per insegnagli le regole che sono della famiglia, e a cui lui deve adeguarsi. Il tutto serenamente, infatti Andrea sta crescendo e, se migliora l’alimentazione, potrà farlo anche bene.  Si faccia aiutare dal resto della famiglia, non si arrovelli a preparare pasti diversi o complicati, cominci dalle cose semplici come pasta con un sughetto fresco o pasta e ricotta e così via. Mi faccia sapere.

    • Nome: Alessandro
    • Età del bambino:
    • Sesso:
    • Comune: Taranto
    • Domanda: Salve, sono una mamma quasi disperata. Mio figlio ha 10 anni ed ogni anno che passa elimina dalla sua alimentazione qualcosa che prima mangiava volentieri. Si inventa allergie ed intolleranze alimentari che non ha pur di non mangiare. Non mangia verdure né pesce, carne di rado, latticini ancora più raro. Vive di pasta, dolci, pane, prosciutto cotto, parmigiano, wurstel e focaccia. Sembra ovviamente più piccolo della sua età e non riesce a formare muscolatura. È lievemente anemico. Già fatti vari controlli per la celiachia, soffre un po' di reflusso e avendo paura o meglio terrore del vomito preferisce mangiare pochissimo e si sente subito pieno ed a volte dice di star male pur di non esagerare con il cibo. Che devo fare?
    Anna maria tomaselli, nutrizionista

    Dott.ssa Maria Anna Tomaselli

    Dietista

    cara mamma Lucia, il suo Alessandro deve aspettare altri 8 anni per prendere la patente di guida o per andare a votare. Allora perché a soli 10 anni decide cosa mangiare o cosa no? Può, certamente, preferire un alimento ad un altro, ma non può scegliere di mangiare solo “pasta, dolci, prosciutto cotto, parmigiano, focaccia e wurstel”. È un tipo di alimentazione che fornisce solo carboidrati, grassi saturi, e proteine animali. Mancano minerali e vitamine, antiossidanti, fibra e grassi “buoni”. Le allergie e le intolleranze non si inventano. Si diagnosticano in centri ospedalieri e specializzati. Se Alessandro le dicesse che la matematica gli procura orticaria, lei smetterebbe di mandarlo a scuola? Sicuramente no. Io credo che Alessandro, che è un gran furbetto, approfitti del reflusso per poter mangiare ciò che desidera … c’è solo un problema … che proprio gli alimenti che lui gradisce sono sconsigliati per il reflusso gastro – esofageo. Ecco perché, anche dopo aver mangiato poco, si sente pieno o dice di star male. Sono alimenti, infatti, troppo ricchi di grassi (wurstel, parmigiano, dolci, salumi …) che favoriscono il reflusso. Il mio consiglio è di rivolgersi ad uno specialista per curare il reflusso gastroesofageo di cui soffre Alessandro. In questo modo, non soltanto si sentirà meglio, ma non avrà scuse per mangiare solo ciò che vuole. Voglio salutarla con un altro consiglio. Sono una tarantina come lei, ed è importantissimo cercare di prevenire tutte quelle terribili patologie dovute all’inquinamento che affligge la nostra terra.  Una corretta alimentazione ricca di antiossidanti e antitumorali, contenuti in special modo in frutta, legumi e verdura, è essenziale per aiutare noi e i nostri figli a guadagnare salute e ad un futuro migliore. Un abbraccio.

    • Nome: Adelaide
    • Età del bambino:
    • Sesso:
    • Comune: DESSENA
    • Domanda: Salve Dott.ssa, avrei bisogno di un consiglio riguardo mia figlia Adelaide e la sua alimentazione. Le spiego brevemente. Quando abbiamo iniziato lo svezzamento, era una bambina molto curiosa verso il cibo, mangiava tutto ciò che le proponevo, e tutto ciò che vedeva a noi mangiare. Verso i sette mesi sono iniziate le prime difficoltà, ovvero la bambina accettava con piacere solo latte, yogurt, frutta e pane. Piano piano ha iniziato nuovamente ad accettare le pappe brodose, quali brodino di verdure o carne condito con minestrine e omogeneizzati di vari tipi e la carne, tipo filetto tagliato a pezzetti. Oggi, la bambina ha quasi due anni e si trova nella stessa situazione. Non riesco a farle mangiare la pasta, il riso, le verdure cotte (se non passate sotto forma di minestrina) e qualsiasi altro tipo di alimento diverso da quelli che ho elencato. La informo che Ade frequenta il nido da quando aveva 11 mesi. Ho pensato che fare la mensa al nido potesse migliorare il suo momento del pasto, ma invece ancora oggi ci sono difficoltà. Fino a due mesi fa, facendo parte ancora della classe dei lattanti, le maestre quando vedevano che lei non gradiva il menu, le davano il latte ma adesso, essendo passata nella classe dei grandetti, il latte non glielo danno, perciò oltre al pane e frutta, si limita a "leccare" la forchetta, come dicono al nido. La mia domanda è questa: da cosa potrebbe dipendere questo "blocco"? Non si tratta di inappetenza, perché alla bambina non manca l'appetito, e sembrerebbe anche che i sapori che va ad assaggiare le piacciano! Per farle un esempio, a casa quando preparo la sua pappa lei aspetta sul seggiolone, quando vede arrivare il piatto brodoso, sputa il ciuccio e sembra attenda tutta impaziente e felice, se vede ad esempio arrivare il piatto di pasta asciutta piange e non vuole stare nemmeno seduta. Potrebbe aiutarmi a capire? Grazie mille.
    Alessandra piedimonte nutrizione pediatrica

    Dott.ssa Alessandra Piedimonte

    Specialista in Scienze dell'Alimentazione

    Cara Katia come spesso avrà avuto modo di leggere dalle nostre risposte (se non lo ha fatto, la invito caldamente a spulciarle, stanno lì proprio per voi!) si sa che dopo l’anno di età la dieta del bambino è fondamentalmente sovrapponibile a quello dell’adulto (eccezion fatta per il consumo di sale aggiunto e di zucchero, e ovviamente nelle giuste quantità) e questo non a caso, ma proprio in relazione al fatto che in quel momento è importante sfruttare la curiosità del bambino per proporgli e fargli accettare cibi classici e preparazioni familiari abituali (come ad esempio la pasta asciutta). Superata quella fase inizia di nuovo un periodo di diffidenza verso alcuni alimenti soprattutto se non noti, con una maggiore difficoltà nel loro consumo poiché si affievolisce un po’ quella curiosità cui facevo riferimento. Probabilmente per Adelaide è accaduto questo, ovvero nel momento del primo rifiuto il compensare con qualcosa che a lei piaceva ha sì garantito la sua crescita fisica, ma non quella crescita alimentare che tutti auspichiamo. Oggi che tale compensazione non c’è più la sua bambina fa fatica a comprenderne i motivi e ad adattarsi. Ovviamente a questa età è tutto rimediabile, ma bisogna avere un po’ di pazienza. Partendo dal presupposto che i pasti devono essere completi: primo/secondo/verdura/frutta, le consiglio di iniziare a variare nell’ambito della settimana le varie preparazioni: una sera fa il brodino, la sera successiva la pasta asciutta, ecc.; qualcosa di tutto il pasto verrà forse gradito dalla sua bambina, ma, in ogni caso, non compensi ciò che non mangia abbondando nelle pietanze che gradisce o sostituendo ciò che non vuole con ciò che ama di più, e in ogni caso non la forzi mai a mangiare ciò che non vuole. Ricordi che è lei a decidere il menu, che deve essere, salvo patologie che richiedano differenze, uguale per tutta la famiglia. Un po’ come quest’anno stanno facendo al nido. Non si preoccupi se per qualche tempo la sua bambina non mangerà abbastanza, vedrà che sarà solo una fase passeggerà da cui uscirà rapidamente.

    • Nome: Angelo
    • Età del bambino: Tre
    • Sesso: maschio
    • Comune: Torre Del greco
    • Domanda: Salve, mio figlio Angelo da qualche mese non mangia più come prima. È sempre stato un bambino "mangione", mangiava tutto senza problemi e aveva un ottimo rapporto con il cibo. A settembre scorso sono cambiate le cose. È iniziata la scuola ed è arrivato il fratellino, sembrava aver preso i cambiamenti in modo positivo ma ha iniziato pian piano a rifiutare il cibo. Inizialmente capitava poche volte, magari nel fine settimana e io non lo forzavo a mangiare. Ora però rifiuta quasi tutto tranne il latte e biscotti. Non so più come fare, ho provato di tutto. La sua richiesta di cibo si limita a qualche biscotto, che io non accolgo ovviamente. A scuola stessa cosa, fa solo merenda, niente pasta e per secondo ormai mangia solo il formaggio spalmabile. Passerà? Cosa posso fare per fargli tornare l'appetito ? Angelo compirà tre anni il mese prossimo. Ringrazio anticipatamente.
    Anna maria tomaselli, nutrizionista

    Dott.ssa Maria Anna Tomaselli

    Dietista

    cara signora Roberta, certo che il suo piccolo Angelo ne sta vivendo di cambiamenti! Prima l’arrivo del fratellino… poi l’inizio della scuola materna. Si può chiedere ad un bambino così piccolo di adattarsi subito ai cambiamenti nella sua vita senza cambiare nulla? Credo proprio di no… Succede anche a noi adulti. Credo che ad Angelo serva solo del tempo e soprattutto (le sembrerà strano) del pugno di ferro della sua mamma di fronte ai suoi capricci. Fa bene, infatti, a non cedere alla sua richiesta di biscotti. Angelo, in un certo senso, sta cercando di attirare l’attenzione su di sé e nello stesso tempo ha bisogno di punti fermi, come l’amore intelligente della sua mamma. Non a caso il suo rifiuto del cibo lo ha cominciato a manifestare il fine settimana, quando era a casa con lei. Il rifiuto del cibo, la ricerca di un solo tipo di alimento come il latte o il formaggio spalmabile, nel caso di Angelo, è un atteggiamento tipico di molti bambini che vogliono imporsi e attirare l’attenzione. Lei sta facendo bene a non assecondare i capricci del piccolo. Dovrebbe anche chiedere alle maestre di non dare sempre il formaggio spalmabile quando Angelo rifiuta il pasto a mensa. La richiesta del bimbo non è di cibo, ma è di affetto…quell’affetto che teme di aver perduto o che si vede costretto a dividere col nuovo arrivato stando tanto tempo chiuso a scuola, lontano dalla sua mamma. Ciò che è importante non è accontentarlo, ma fargli capire che in realtà non è cambiato nulla, e che l’amore della mamma è talmente immenso che basta sia per lui che per il fratellino. Si mostri serena, e magari cerchi di passare un po’ di tempo da sola con Angelo durante il fine settimana. Vedrà che col tempo tutto si aggiusterà. Un abbraccio.