Svezzamento

Autosvezzamento, pro e contro

Autosvezzamento cos'è e come funziona lintroduzione degli alimenti nella dieta del lattante con l'alimentazione complementare.

Pubblicato il 03.01.2022 e aggiornato il 17.01.2022 Scrivi alla redazione

Negli ultimi anni si è diffuso sempre più nel nostro Paese un approccio alternativo all’alimentazione complementare, che prende il nome di autosvezzamento,  ovvero un modo di introdurre gli alimenti nella dieta del lattante molto diverso rispetto al classico schema di svezzamento prescritto in passato dal pediatra e messo in atto senza l’ausilio di alimenti per l’infanzia (alimenti per la prima infanzia, es. liofilizzati, omogeneizzati, farine di cereali).

Autosvezzamento: che cos’è

L’alimentazione complementare a richiesta (in sigla: ACR; è una definizione migliore rispetto ad autosvezzamento ) è un tipo di alimentazione responsiva, cioè basato sul riconoscimento dei segnali che manda il bambino, in cui il passaggio dall’allattamento esclusivo ai cibi solidi avviene in maniera non schematizzata. A partire dai 6 mesi di età – settimana più, settimana meno – il bambino inizia ad assaggiare le stesse pietanze che consuma il resto della famiglia, condividendo con loro i pasti senza ordini di introduzione definiti e senza grammature prestabilite: è il bambino a decidere quanto mangiare. Il cibo dei grandi viene presentato al bambino nelle consistenze e nelle quantità che più si adattano al suo livello di sviluppo psico-neuro-motorio e fisico. Fino all’anno di età il latte materno (o formulato) rimane comunque un cardine dell’alimentazione (definita appunto complementare all’allattamento). 

Nel mondo anglosassone si utilizzano diverse definizioni, che però non coincidono esattamente con quello che in Italia si intende come autosvezzamento:

  • BABY-LED WEANING (BLW): Il bambino viene lasciato libero di scegliere cosa mangiare con le sue mani tra quello che è presente sulla tavola. Le posate non sono previste, né tanto meno vi sono raccomandazioni sulla composizione dei pasti;
  • BABY-LED INTRODUCTION TO SOLIDS (BLISS): un’evoluzione del BLW, proposta e utilizzata soprattutto in Australia e Nuova Zelanda, di cui mantiene i principi di fondo, raccomandando però che ad ogni pasto vengono proposti al bambino tre diversi tipi di alimenti: uno ricco di ferro (carne rossa o cereali fortificati), uno ricco di energia ed un cibo come frutta o vegetali/ortaggi, ricchi di fibra;

Nel nostro Paese, invece, si parla più semplicemente di autosvezzamento, senza ulteriori distinzioni. Sull’uso delle posate (non previsto dal BLW) l’atteggiamento è più flessibile: si raccomanda al genitore di lasciare il bambino libero di toccare, afferrare, schiacciare il cibo, aiutandolo però in caso lui stesso o la struttura degli alimenti offerti lo richieda . Questo tipo di approccio favorisce l’autonomia del bambino: i bambini “autosvezzati” generalmente acquisiscono la capacità di controllo e gestione delle posate e dei cibi solidi anticipatamente rispetto ai bambini divezzati con pappe.

Sulle raccomandazioni nutrizionali le opinioni sono differenziate: da una parte c’è chi si dedica alla sensibilizzazione dei genitori affinché migliorino le loro scelte alimentari ancor prima dei 6 mesi del bambino, dall’altra chi liquida la questione affidando alla famiglia la piena libertà decisionale (“dategli quello che mangiate voi”). Attenzione però: gli studi ci dicono che nella gran parte dei casi l’alimentazione degli adulti non è affatto sana! Senza considerare che il fabbisogno di nutrienti è molto diverso per un bambino di meno di due anni, rispetto a quello di un adulto .

I concetti base dell’autosvezzamento: semplicità nella qualità e autonomia

Il principio della semplicità nella qualità prevede che i genitori abbiano una buona cultura alimentare: la scelta degli alimenti dovrebbe essere attenta alla provenienza, alla stagionalità e alla varietà, privilegiando i prodotti locali, freschi e non industrializzati. Dovrebbero essere presenti tutti i gruppi alimentari (così come nello svezzamento tradizionale), in accordo ai principi della Dieta Mediterranea e ai fabbisogni specifici dei primi anni di vita, da presentare al piccolo commensale in modo che siano “a misura di bambino”. Non necessariamente i genitori interessati all’ autosvezzamento posseggono tali requisiti: potrebbe essere proprio questa l’occasione per migliorare le abitudini alimentari di tutta la famiglia.

Un punto a sfavore: pur volendo ricercare materie prime di prima qualità sul mercato, in ogni caso omogeneizzati e pastine (baby food ) sono qualitativamente migliori perché sottoposti a normative più stringenti in tema di contaminanti e inquinanti.

Alimentazione complementare a richiesta e autonomia

Nell’alimentazione complementare a richiesta l’autonomia del bambino viene rispettata e sostenuta sotto diversi aspetti:

  • Autonomia nell’approccio con il cibo: toccare e portare alla bocca è il suo modo per conoscere il mondo e con esso il cibo e nuove consistenze. Il bambino è libero nell’afferrare con le mani, con le posate ma anche direttamente con la bocca. Schiacciare, spalmare, sporcarsi con il cibo sono solo alcune delle esperienze sensoriali che arricchiscono il momento del pasto.
  • Autonomia nelle quantità di cibo mangiato: soprattutto nel primo anno di vita (ma anche dopo) il bambino sa benissimo autoregolarsi. Così come lo faceva con il latte (allattamento a richiesta) continuare a farlo con il cibo: che si segua l’autosvezzamento o uno svezzamento classico il bambino non va mai forzato, distratto o ingannato.
  • Autonomia nei gusti: difficilmente si presentaranno i segnali di una selettività alimentare prima dei 18 mesi, ma di sicuro le preferenze in termini di gusto possono essere ben evidenti già dalle prime pappe. Come comportarsi? Rispettarli sì, assecondarli no: solo la continua esposizione ad un’ampia varietà di sapori permette di contenere e superare facilmente la selettività alimentare se e quando questa si presenterà.

L’autosvezzamento è una forma di alimentazione equilibrata? Il parere della scienza

Gli studi che hanno messo a confronto diversi tipi di alimentazione complementare (definizione più corretta dell’obsoleto termine svezzamento) non hanno condotto ad una conclusione definitiva in merito. Sembrerebbe infatti che qualunque sia la modalità con cui si introducono gli alimenti (purché ve ne sia disponibilità!) l’alimentazione del bambino non sia così squilibrata da determinare deficit nutrizionali e ritardi di crescita.

Questo non vale però per il BLW classico, che prevede l’offerta di soli cibi facilmente maneggiabili, e nel quale dunque è alto sia il rischio di carenze di macro che di micronutrienti di particolare rilevanza nel secondo semestre di vita, sia di un apporto energetico insufficiente. C’è da dire che tutti gli studi condotti avevano grandi limiti e possibili errori (primo tra tutti la – già tirata in ballo – buona cultura alimentare dei genitori, o la presenza-assenza di incontri di formazione sul tema), per cui la loro attendibilità non è così forte. Basti pensare che se i genitori non seguono una sana alimentazione e se non sono informati delle specifiche esigenze nutrizionali di questa fascia di età, la mancanza di indicazioni stringenti (come per lo svezzamento tradizionale) potrebbe far incorrere il bambino in rischi per la sua salute. Gli aspetti più delicati riguardano la possibile carenza di ferro, con conseguenze immediate e per il benessere futuro, e l’eccesso proteico, strettamente correlato ad un maggior rischio di obesità. La mancanza di indicazioni stringenti potrebbe far incorrere il bambino in rischi per la sua salute.

Cosa dice l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandata che l’aggiunta di alimenti complementari all’allattamento avvenga con prodotti nutrizionalmente adeguati e igienicamente sicuri fino a due anni e oltre, ma non si pronuncia in merito a quale sia il migliore approccio ( autosvezzamento vs baby food ). L’alimentazione responsiva è indicata dall’OMS come lo standard relazionale a cui fare riferimento.

Il caregiver funge da guida rilevando le sensazioni di fama e sazietà del bambino rispettandole e assecondandole in modo maturo e razionale.

A fronte di tanti punti a favore (esalta l’autonomia, rispetta le sensazioni del bambino, espone ad una dieta variegata, stimola la masticazione, permette una più profonda esperienza tattile e manipolativa) esistono anche alcuni importanti punti a svantaggio dell’autosvezzamento. Contrariamente a quanto affermano tanti sostenitori incalliti dell’alimentazione complementare a richiesta, l’autosvezzamento non è per tutti. Il presupposto fondamentale è che i genitori abbiano uno stile alimentare bilanciato o che siano propensi a migliorarlo. Condizione che purtroppo in gran parte delle famiglie non è presente. Inoltre, è fondamentale che lo stile affettivo-relazionale della famiglia sia rilassato e non gravato da ansie (di separazione, di ipoalimentazione, ecc.).

Altro punto critico è il pericolo di incorrere in rischi nutrizionali importanti per la salute del bambino se non si adatta la mensa dei grandi ai fabbisogni del piccolo, che rispetto all’adulto ha bisogno di più grassi, meno zuccheri e proteine, niente sale, e un giusto apporto di fibre. Non basta allora liquidare i genitori lasciandoli improvvisare con il fai-da-te , il pediatra dovrebbe sensibilizzarli, informarli e guidarli affinché possano seguire la strada dell’autosvezzamento (se questo è lo stile di alimentazione complementare che più si addice alla famiglia e al bambino ) con oculata attenzione.

Da quando iniziare l’autosvezzamento 

Qualunque sia lo stile di alimentazione complementare che si decide di seguire, le tempistiche non cambiano. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomandata l’allattamento esclusivo per i primi 6 mesi di vita e di inserire solo allora alimenti diversi dal latte. Per introdurre il cibo solido il bambino deve peraltro aver acquisito delle competenze neuro-psico-motorie importanti:

  • è interessato a quello che mangiano mamma e papà. Come accorgersene? Facendo stare il bambino a tavola anche prima dei 6 mesi e osservando il suo comportamento: un bambino davvero interessato non osserva solo o allunga le mani per afferrare, ma spesso anche mima la masticazione dell’adulto;
  • ha perso il riflesso di estrusione (riflesso arcaico che permette la suzione: toccando le labbra il bambino spinge fuori la lingua);
  • è in grado di stare seduto da solo, con la testa dritta;
  • riesce ad afferrare con le mani (presa palmare) e portare alla bocca.

Queste tappe vengono raggiunte in momenti differenti da bambino a bambino, motivo per cui non c’è un tempo prestabilito uguale per tutti per poter iniziare a proporre i primi cibi. Dunque quando iniziare? Intorno ai sei mesi, giorno più, giorno meno (NB: “giorno meno” non significa “mese meno”!). Il momento giusto si individua osservando il bambino: è lui che ci fa capire quando è pronto. Può capitare che dopo il compimento dei sei mesi il bambino non sia ancora pronto e non mostri alcun interesse verso cibi diversi dal latte. In tal caso, l’atteggiamento più saggio, rispettoso e utile da parte degli adulti è quello di dare fiducia al piccolo e attendere che sia lui a manifestare interesse verso il cibo solido.

Autosvezzamento, cosa deve mangiare il bambino

Cosa dare per l’Autosvezzamento? Davvero vanno bene i cibi per grandi? Si, purché siano nutrizionalmente adeguati, igienicamente sicuri, tagliati in sicurezza e presentati in maniera congrua alle capacità motorie e di masticazione del bambino. Il bambino è infatti in grado di masticare anche senza denti, purché la consistenza del cibo proposto lo permetta. 

Come regolarsi con il sale

Per prevenire lo sviluppo di ipertensione l’OMS raccomanda di evitare completamente il sale aggiunto fino ai 9 mesi, poi non più di 2 grammi fino ai 2 anni, per poi uniformarsi ai quantitativi previsti per gli adulti, dai 7 anni in su . Allora come si fa a cucinare per tutti alla stessa maniera? Si può provare a sostituire il sale con altri insaporitori naturali (spezie, erbe aromatiche, sedano e cipolla) e poi eventualmente aggiungere il sale a fine cottura solo in quella parte delle preparazioni che è destinato agli adulti. Attenzione poi a limitare il più possibile prodotti industriali (prodotti da forno, in scatola, affumicati), carni lavorate e cibi ponti, che costituiscono un’importante fonte di sale nascosto.

Autosvezzamento, come tagliare il cibo

Per ridurre il rischio di soffocamento è importantissimo saper riconoscere gli alimenti a rischio e conoscere le modalità di taglio e somministrazione, cosicché invece di demonizzarli ed eliminarli (come accade per la frutta secca) vengono spesso resi innocui e sicuri. Anche se non sembra che gli stili alimentari di tipo responsivo aumentino il rischio di soffocamento (in particolare il modello dell’ACR, che prevede un adattamento della consistenza degli alimenti in relazione alle competenze del bambino) è raccomandato a tutti i genitori seguire un corso di manovre di disostruzione pediatrica , per poter intervenire in caso di bisogno.

Come dare la carne in Autosvezzamento

La carne ha una consistenza dura e fibrosa, il che la rende uno degli alimenti più difficili da gestire fino a che non compare almeno una coppia (intesa come superiore-inferiore) di denti molari. Per renderla sicura è consigliabile proporla tritata, sminuzzata, sfilacciata in fibre corte o in forma di polpette (che devono essere necessariamente morbide e di forma oblunga, e da tagliare poi a pezzetti).

Come iniziare a dare il pane ai neonati

Tra le varie tipologie di pane è consigliabile sceglierne uno friabile in modo che il bambino possa sbriciolarlo facilmente. Particolare attenzione va posta alla mollica, che potrebbe appallottolarsi con la saliva (eventualità che si può evitare riscaldando o tostando il pane). Da evitare in maniera assoluta il pane di consistenza gommosa! Ancora a proposito di pane, anche questo può essere una fonte nascosta di sale: meglio scegliere i pani umbri o toscani, che non contengono sale aggiunto o ne contengono in quantità minima.

Come tagliare le carote in autosvezzamento

Le carote possono risultare rischiose sia per la consistenza fibrosa, sia per la forma. Per ridurre il rischio soffocamento vanno proposte cotte e tagliate a mo’ di finger food (a bastoncino, nel senso della lunghezza) e mai a rondelle. L’unico modo per proporre le carote crude è di grattugiarle finemente.

Come faccio a capire se il bimbo mangia abbastanza

I bambini hanno un’innata capacità di autoregolazione, ovvero sanno ben riconoscere i segnali di fame e sazietà (che mai andrebbero forzati). Ciò vuol dire che il bambino sa riconoscere da sé quando ha mangiato abbastanza: che si segua uno svezzamento con le pappe tradizionali o l’autosvezzamento, il genitore decide cosa si mangia, il bambino quanto mangiare. Se però si ha qualche dubbio in merito (come spesso accade più per aspettative genitoriali disattese, che non per reale inappetenza), che ben venga un controllo in più dal pediatra: le curve di crescita daranno ragione al bambino.

Quando con l’autosvezzamento si comincia a fare un pasto completo

Contrariamente allo svezzamento classico, l’autosvezzamento non prevede schematismi: un giorno il bambino è spettatore passivo del pasto di mamma e papà, il giorno dopo allunga le mani per afferrare il cibo e portarlo alla bocca. Ciò vuol dire che alcuni bimbi saranno in grado di consumare un pasto completo fin dalle prime fasi, altri invece si trascineranno in assaggi un po’ più a lungo, continuando ad alimentarsi principalmente di latte. Questi ultimi vanno solo seguiti e osservati più da vicino dal pediatra, sia per possibili rallentamenti della crescita in peso e lunghezza dovuti allo scarso apporto calorico, sia per le possibili carenze nutrizionali. Discorso che andrebbe fatto in ogni caso, quale che sia la modalità di svezzamento.

Quanto dura l’autosvezzamento

Così come non c’è un tempo prestabilito per iniziare o una tabella di marcia per proseguire, allo stesso modo non c’è una durata prefissata. Si parla di alimentazione complementare (e dunque anche di autosvezzamento) fintanto che gli alimenti solidi non sostituiscono del tutto i pasti principali a base di latte. Ciò in genere avviene intorno all’anno di età, anche se se l’OMS raccomandata comunque di continuare l’allattamento materno fino ai due anni d’età e comunque fino a che mamma e bambino lo desiderano.

Come passare da svezzamento ad autosvezzamento

Talvolta capita che i genitori non siano adeguatamente informati e preparati sulla possibilità di intraprendere vie alternative allo svezzamento classico o che non siano interessati. Succede però in alcuni casi che per forza di cose, spesso di fronte al rifiuto insistente delle classiche pappe da parte del bambino, si prenda in considerazione la possibilità di passare all’autosvezzamento un po’ dopo i 6 mesi. Come fare? Esattamente come fareste se fosse il primo approccio all’alimentazione complementare: formandosi sul tema, parlandone con il pediatra e iniziando a proporre al bambino gli stessi cibi di mamma e papà, solo con qualche accortezza in più.

Libri consigliati

Io mi svezzo da solo ” di Lucio Piermarini, padre dell’autosvezzamento in Italia. È una riflessione sui problemi di svezzamento e alimentazione che l’autore ha affrontato nei suoi anni di esperienza professionale. Ha rappresentato una rivoluzione nel panorama pediatrico, con il bambino che per la prima volta si trova al centro del sistema. Ne risulta una versione dello svezzamento nello stesso tempo più semplice e più complesso rispetto a quella tradizionale.

Impariamo a mangiare. Lo svezzamento giusto con il metodo Margherita” di Andrea Vania, Luigi Nastri e Jacopo Pagani. Attraverso uno schema che prende la forma di una margherita, un esperto pediatra generalista, un affermato pediatra nutrizionista e un concretissimo chef stellato propongono un metodo che pone le basi di un’alimentazione sana per tutta la famiglia.

Lo svezzamento è vostro” di Carla Tomasini. è un manuale pratico di autosvezzamento, con una prima parte teorica sui principi base dell’alimentazione complementare a richiesta ed una seconda parte pratica: un vero e proprio atlante sui tagli sicuri di tantissimi alimenti.

Non esistono vere e proprie ricette per l’autosvezzamento, piuttosto esistono ricette che per valori nutrizionali e consistenze possono essere proposte alla stessa maniera dai 6 mesi ai 99 anni. 

Con la supervisione di:

Pediatra margherita caroli ecog sio oms

Dott.ssa Margherita Caroli Pediatra

Prof. Andrea vania - alimentazione bambini

Prof. Andrea Vania Pediatra