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Obesità infantile

Obesità Infantile: cause, conseguenze, consigli e terapie

È ormai noto che l’obesità pediatrica è una malattia multifattoriale, dovuta cioè alla contemporanea presenza nello stesso bambino di una predisposizione genetica – che è innegabile – su cui agiscono diversi fattori ambientali e sociali che determinano quindi l’instaurarsi di questa patologia.

Pubblicato il 28.11.2019 e aggiornato il 15.10.2021 Scrivi alla redazione

Cominciamo da questa breve intervista alla nostra Dottoressa Margherita Caroli che fornisce una prima definizione di cosa è l’obesità infantile.

La Dott.ssa Caroli spiega cosa si intende realmente per obesità infantile

Entità del Problema In Italia e nel mondo

È ormai da molti – troppi! – anni che si parla del dilagante problema dell’Obesità Infantile in Italia e in Europa, e come questo rappresenti tuttora un grave problema di salute pubblica è emerso anche dal XII meeting dell’iniziativa OMS European Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI), che si è svolto a Bergen (Norvegia) il 13 e 14 giugno 2019. L’Italia partecipa all’indagine COSI tramite i dati raccolti nell’ambito del programma di sorveglianza “Okkio alla Salute” (sistema di sorveglianza nazionale promosso e finanziato dal Ministero della Salute – ISS – Cnapps). La prima raccolta di dati “Okkio alla Salute” risale al 2008, i dati sono stati poi aggiornati con cadenza circa biennale, fino all’ultima rilevazione che è iniziata nella primavera del 2019 (e i cui risultati al momento non sono stati pubblicati); a quanto è dato sapere, dalla prossima rilevazione la cadenza diventerà triennale e non più biennale.
Nel meeting norvegese sono stati presentati i dati preliminari dell’indagine COSI effettuata nelle scuole primarie di 35 Stati d’Europa tra il 2015 e il 2017, dai quali dati emerge purtroppo che l’Italia è ancora tra i Paesi con maggior prevalenza di sovrappeso e obesità in entrambi i sessi (Maschi: sovrappeso 42%, di cui 21% obesi; Femmine: sovrappeso 38%, di cui 14% obese. Clicca qui per ulteriori approfondimenti sull’indagine), c’è però da dire che da tale indagine è emerso anche qualche dato positivo per il nostro Paese, ad esempio alcuni miglioramenti negli stili di di vita.

Quando si parla di sovrappeso e obesità infantile?

Tutti parlano di obesità infantile, ma qual è la definizione corretta di sovrappeso e obesità in età pediatrica?

Negli adulti la classificazione in soggetti sottopeso, normopeso, sovrappeso e obeso si basa sulla misurazione dell’Indice di Massa Corporea (IMC o, usando la sigla inglese, BMI).

Nei bambini la definizione è un pochino più complessa. Si basa infatti, su corrette misurazioni di peso e altezza, ma deve poi essere rapportata all’età del bambino. Pertanto non si valuta in valore assoluto bensì come valore percentile o come deviazione dalla norma (z-score: DS deviazioni standard dalla mediana).

Spieghiamo meglio:

  • dalla nascita fino ai 24 mesi: la diagnosi di sovrappeso od obesità si basa sulle curve di crescita peso-lunghezza dell’OMS (L’Organizzazione Mondiale della Sanità). Nella pratica dunque si calcola il rapporto tra peso e lunghezza del bambino e lo si cerca sulla curva.
Valore soglia (percentile) da guardare dopo aver individuato il rapporto peso-lunghezza del tuo bambino sulle curve di crescitaValore soglia (z-score) da guardare dopo aver individuato il rapporto peso-lunghezza del tuo bambino sulle curve di crescita
Normopeso≤ 85°≤ 1 DS
Rischio sovrappeso> 85°> 1 DS
Sovrappeso> 97° > 2 DS
Obesità > 99° > 3 DS
  • dai 24 mesi ai 18 anni: in questa larghissima fascia di età la diagnosi di sovrappeso od obesità si basa invece sul percentile (o sullo z-score – DS) dell’Indice di Massa Corporea (IMC o BMI). Dunque:

peso in kg / altezza al quadrato (dove l’altezza è espressa in metri).

Esistono diversi tipi di curve elaborate da diverse e autorevoli Società scientifiche, ma per maggiore uniformità si tende oggi a basarsi sulle curve elaborate dall’OMS. Nella pratica si calcola il BMI del bambino e lo si cerca poi sulla curva.

Valore cut-off percentile BMIValore cut-off z-score BMI
Normopeso≤ 85°≤ 1 DS
Sovrappeso> 85° > 1 DS
Obesità> 97° > 2 DS

La tempestività nel riconoscimento del sovrappeso/obesità in tutta l’età pediatrica è di fondamentale importanza per poter correre velocemente ai ripari, cercando di modellare tutti i fattori di rischio e soprattutto modificando le abitudini di vita sia personali che familiari, vale a dire cercando di seguire uno stile di vita salutare. Uno tra i fattori predittivi per l’obesità pediatrica è ormai noto essere un precoce adiposity rebound.

Spesso però i genitori e i familiari non riescono a riconoscere precocemente una situazione di rischio. Dovremmo perciò abituarci a cogliere quanto prima possibile alcuni segnali di cambiamento, che possono facilitare un intervento tempestivo.

Come riconoscere l’obesità infantile?

Anche se può sembrare un problema di scarsa entità, in realtà il riconoscimento del peso del proprio bambino non è affatto così scontato ed evidente. I dati “Okkio alla Salute 2016”, infatti, sottolineano che ben il 50,3% dei genitori di bambini sovrappeso, ma anche il 12,2% di quelli dei bambini obesi, pensa che il proprio figlio sia “di peso normale”! Questo fenomeno di dispercezione corporea è maggiore se le madri sono esse stesse in sovrappeso. La stessa scarsa percezione si ha per la sedentarietà dei bambini, infatti il 61,7% dei genitori di bambini non attivi pensa che il proprio bambino svolga abbastanza attività fisica. Come poter allora riconoscere in maniera oggettiva una condizione di sovrappeso/obesità, senza che la valutazione venga influenzata dagli occhi sempre amorevoli di un genitore o di un nonno?

Esistono in realtà alcuni segnali, come ad esempio:

  • curve di crescita che il Pediatra segnala come fuori dal range, o che comunque cambiano rapidamente di “traiettoria”,
  • porzioni o richieste di porzioni analoghe a quelle dell’adulto,
  • scarso o assente consumo di verdura e frutta, abitudine a saltare la prima colazione,
  • richiesta continua di spuntini e/o di junk-food (cibo spazzatura),
  • difficoltà nella scelta e nell’acquisto del vestiario del vostro bambino.

Per saperne di più puoi leggere il nostro articolo: obesità infantile: come riconoscerla.

Come è possibile rendere i genitori più consapevoli?

“Dipende, non c’è un modo solo, di sicuro il problema è serio e va affrontato. Se i genitori sono stati seriamente allertati dal pediatra, è più facile che riescano a capire che le cose non stanno come credono. Però succede abbastanza spesso che non ci sia concordanza di pensiero all’interno della famiglia, per cui uno dei due genitori continua a negare la situazione e questo rende più difficile porvi rimedio. Ma capita anche che alcuni genitori non accettino neanche le diagnosi di casi di obesità grave, per cui rifiutino qualsiasi tipo di intervento.”
Prof. Andrea Vania

Quanto è importante il ruolo del pediatra?

“È fondamentale, anche perché il pediatra ha tutti gli strumenti per capire facilmente e tempestivamente se il bambino ha problemi di peso. Non serve infatti che sia un esperto, perché è sufficiente che controlli l’indice di massa corporea: se da un anno compiuto ai 5 anni l’indice sale invece di scendere vuol dire che c’è un problema di obesità. Purtroppo alcuni bambini arrivano ai servizi di nutrizione pediatrica in una condizione di obesità molto avanzata e questo a volte dipende non solo dai loro genitori, ma anche dal pediatra che non ha visto o considerato adeguatamente il problema. Certo, è vero – ed è un peccato che sia così – che spesso il momento in cui il pediatra riesce a convincere il genitore non è quando si accorge dell’insorgere dell’obesità, ma solo di fronte a un’ecografia che mostra una sclerosi epatica nel bambino oppure a esami del sangue con valori alti di colesterolo o di glicemia.”
Prof. Andrea Vania

Cause/Fattori di rischio dell’obesità infantile

È ormai noto che l’obesità pediatrica è una malattia multifattoriale, dovuta cioè alla contemporanea presenza nello stesso bambino di una predisposizione genetica – che è innegabile – su cui agiscono diversi fattori ambientali e sociali che determinano quindi l’instaurarsi di questa patologia (perché proprio di malattia si tratta). È quindi importante sottolineare che non è solo colpa dei junk food (di cui abbiamo già parlato negli articoli: “obsità infantile: non è solo colpa del junk food” e “tassa sul junk food? Ok, ma non basta“)

Cerchiamo quindi di analizzare le varie cause e almeno alcuni dei fattori di rischio che contribuiscono a determinare il sovrappeso:

Predisposizione genetica – familiarità

Sappiamo oggi che già durante la gravidanza si vengono a creare all’interno dell’embrione/feto quelle modificazioni epigenetiche che predisporranno poi allo sviluppo dell’obesità. In particolare, la “teoria della programmazione fetale” sostiene che una scorretta alimentazione (in eccesso o in difetto) durante la gravidanza potrebbe predisporre a modificazioni di tipo endocrino-metaboliche nel feto che si esplicano nello sviluppo del cosiddetto “fenotipo risparmiatore”.

“Se la mamma durante la gravidanza assume troppe proteine, il feto alla nascita ha un numero maggiore di cellule di grasse (adipociti), altri studi hanno evidenziato che se il bambino assume troppe proteine nei primi anni di vita si determina un ulteriore aumento degli adipociti, un aumento del grasso e un precoce “adiposity rebound” cioè quell’aumento del BMI (Indice di Massa Corporea) che, normalmente, deve avvenire tra i 5 e i 6 anni, e che se invece si verifica prima determina un aumento del rischio (anzi la quasi certezza!) di obesità in epoche di vita successive.”

Dott.ssa Pediatra – Margherita Caroli

In poche parole, il bambino tenderà ad aver bisogno di minori quantità di cibo per mantenere il peso forma e dunque un’alimentazione che potrebbe risultare normocalorica (e quindi corretta) per un “bambino non risparmiatore” risulterà comunque eccessiva per il “bambino risparmiatore” .

Riguardo alla familiarità non bisogna infine dimenticare che l’obesità pediatrica deve spesso essere considerata una vera e propria “obesità di famiglia”; infatti genitori obesi hanno una maggiore probabilità di avere figli obesi. Tale fenomeno è anche evidenziato dal fatto che spesso un intervento nutrizionale sui soli genitori implica già di per sé un miglioramento della situazione ponderale nel bambino.

Senza nulla togliere alla predisposizione genetica e alla familiarità bisogna però sempre tenere ben presente che questo rappresenta solo il substrato su cui agiscono i vari fattori ambientali che nella realtà contribuiscono tra il 40 e il 60% allo sviluppo dell’obesità pediatrica.

Tra i vari fattori ambientali, che sono numerosissimi, ricordiamo:

ALIMENTAZIONE

Inutile negare che la parte del leone nello sviluppo dell’obesità pediatrica è proprio dovuta ad errori nell’alimentazione. A volte tali errori sono macroscopici, altre volte possono invece essere dei piccoli errori ripetuti nel tempo a far sì che si sviluppi dapprima un sovrappeso e poi un’obesità vera e propria.

Gli errori più comuni sono:

  • Scarso consumo di frutta e verdura
  • Porzioni abbondanti (e richiesta – accontentata – di “bis”)
  • Salto di pasti e/o fuori pasto frequenti
  • Utilizzo di cibi e bevande qualitativamente inadeguate (junk-food, bevande zuccherate, alimenti ipercalorici)

Sembrerebbero errori banali, ma nella loro banalità sono difficilmente correggibili poiché ben radicati nella cultura del “mangia che ti fa bene” difficile da contrastare. Basti pensare che sebbene l’obesità sia, come abbiamo già detto, ampiamente diffusa – diversamente dal sottopeso e dallo scarso accrescimento – la maggior parte dei genitori sono preoccupati del fatto che i loro figli non mangino abbastanza… strano ma vero!

Sedentarietà

Dagli ultimi dati dell’indagine “Okkio Alla Salute” pubblicati nel 2018 (e riferiti al 2016) emerge che il 17,7% dei bambini presi in esame risultano fisicamente inattivi e che sarebbe invece auspicabile che i bambini svolgessero “attività fisica da moderata a intensa una o più ore al giorno considerate le attività adeguate all’età e divertenti”. Dunque non basta fare 2 ore di attività sportiva a settimana per garantire un adeguato movimento, ma bisogna ingegnarsi per muoversi di più e tutti i giorni.

A tal proposito ricordiamo alcune strategie per aumentare il movimento spontaneo dei nostri bambini:

  1. Recarsi a scuola o allo sport a piedi (se possibile) o scendere dall’autobus/auto qualche metro prima della scuola
  2. Usare le scale e non l’ascensore
  3. Passeggiare o giocare all’aperto almeno 30-45 minuti al giorno
  4. Aiutare nei lavori domestici (compatibilmente con l’età: apparecchiare/sparecchiare il tavolo; rifare il letto; mettere in ordine la propria cameretta; riporre a posto i giochi e i libri, …)

Riguardo poi all’attività sportiva vera e propria molti genitori si chiedono quale sia la più adeguata. Nella realtà non ce n’è una completa al 100%, ma sicuramente la scelta deve ricadere su ciò che piace al bambino, dove si reca quindi con più piacere, e dunque un’attività che meno facilmente lascerà per noia o disinteresse.

Cattive abitudini che contribuiscono all’obesità infantile

Eccessivo uso di TV, PC, smartphone e tablet

Sempre dall’ultima indagine “Okkio alla Salute” emerge che il 41,2% dei bambini trascorre più di 2 ore davanti uno schermo (tv, pc, tablet, smartphone). Il dato diventa ancora più inquietante se si pensa che nel 2018 la SIP (Società Italiana di Pediatria) ha sentito la necessità di esprimersi con un documento ufficiale sull’uso di questi dispositivi. Queste in sintesi le indicazioni:
• MAI uso di tv/pc/tablet/smartphone durante i pasti e prima di dormire
• no all’uso di pc/tablet/smartphone prima dei due anni;
• max 1 ora al giorno nei bambini tra i 2 e i 5 anni;
• max 2 ore al giorno nei bambini tra i 5 e 8 anni

L’eccessivo utilizzo degli schermi è un fattore di rischio per lo sviluppo di sovrappeso e obesità, si è infatti visto che i bambini tra i 4 e gli 8 anni che passano più di 2 ore davanti allo schermo hanno il 75% di rischio in più di sviluppare tali patologie. Spesso infatti i bambini rapiti dallo schermo tendono a mangiare, o meglio ingurgitare, il cibo, senza nemmeno rendersi conto di farlo.

Scarso sonno

La relazione tra poche ore di sonno e aumento di sovrappeso e obesità infantile non è stata ancora del tutto chiarita, ma è accertato che una scarsa quantità di sonno nei bambini corrisponde ad un aumento del rischio di obesità pediatrica, forse anche perché aumentando le ore di veglia si tende a mangiare di più e cibi meno salutari. Tornando ancora ai dati di “Okkio alla Salute 2016” il 13,3% dei bambini dorme meno di 9 ore al giorno, con un peggioramento rispetto ai dati del 2014. Ma quanto dovrebbero dormire i bambini?

ETA’Ore sonno consigliate
18-36 mesi12-14 h
3-5 anni11-13 h
5-12 anni10-11 h
>12 anni 9 h

Anche in questo caso per migliorare il sonno dei nostri bambini esistono diverse strategie e consigli che potrebbero aiutarci.

Assunzione di troppe proteine

Sebbene le proteine siano importanti, soprattutto nell’infanzia, poiché costituiscono i “mattoni” che il nostro organismo utilizza per costruire nuovi tessuti e riparare quelli danneggiati, bisogna tener presente che il fabbisogno nei primi anni di vita non è poi così alto come si credeva un tempo. I LARN 2014 (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana) indicano come quantità raccomandata di proteine da assumere (PRI), differenziate per età, quelle riportate in tabella.

EtàPRI (g/die)PRI (g/kg/die)
6-12 mesi11 g/die1,32
1-3 anni14 g/die1,00
4-6 anni19 g/die0,94
7-10 anni31 g/die0,99
11-14 anniM: 48 g/die
F: 48 g/die
0,97
0,95
15-17 anni M: 62 g/die
F: 50 g/die
0,93
0,90*

*quota proteica consigliata anche per l’età adulta per uomini e donne.

Sembrerebbe da un primo sguardo che il fabbisogno proteico aumenti all’aumentare dell’età, ma in realtà se si guarda bene l’ultima colonna si può notare che la quantità di proteine necessarie, per kg di peso corporeo, tende a diminuire man mano che si cresce. Per avere un’idea di quante proteine assuma un bambino basterà considerare che un semplice bicchiere di latte vaccino, diciamo 150 ml contiene circa 5 g di proteine. Considerando che in media un bambino di 12 mesi consuma circa 400-500 ml di latte al giorno si capisce che, se assume quelle quantità di latte vaccino (diverso sarebbe il discorso se assumesse una formula “di crescita”), già solo così prenderà circa 16 g di proteine, mentre avrebbe bisogno di soli 11/14 g! Naturalmente, la sua alimentazione giornaliera non consiste solo di latte, e le proteine sono dappertutto, non solo nella carne o nel pesce o nelle uova: sono nei legumi, e questo forse ormai lo sanno tutti, ma sono anche nella pasta, nel pane, nelle verdure, e (poche, ma ci sono) perfino nella frutta. Dunque, riflettiamo, cari genitori, quando continuiamo a proporre il buon biberon (150-250 ml) di latte dopo cena o quando proponiamo quantità sempre eccessive di cibi altamente proteici come la carne, o l’uovo, o il parmigiano! (PS: la quantità di proteine non scende se si utilizza il latte parzialmente scremato invece di quello intero, anzi sale, poiché i meno grassi sono comunque sostituiti con maggiori quantità di proteine e lattosio).

L’eccesso proteico nella prima infanzia può causare problemi immediati come sovraccarico renale e perdita di calcio con le urine, ma anche problemi a lungo termine, come, appunto, una maggiore predisposizione al sovrappeso e all’obesità. Un eccesso proteico nella prima infanzia può derivare da banalissimi errori come ad esempio:
• Introdurre il latte vaccino prima dei 12 mesi
• Svezzare il bambino prima dei 6 mesi
• Dare eccessive porzioni di carne, pesce, formaggi, uova
• Aggiungere costantemente abbondanti quantità di parmigiano o grana a una pappa in cui sia già presente un’altra fonte proteica

Per approfondimenti su eccesso proteico e porzioni adeguate vi consigliamo di leggere i seguenti articoli: “Le proteine nei primi anni di vita“, “La corretta alimentazione dei bambini: le giuste quantità di proteine, frutta e verdura” e “Latte vaccino mai prima di un anno

Falsi miti: “Il mio bambino è obeso perchè …”

Riguardo alla genesi di sovrappeso/obesità ci sono alcune credenze comuni e falsi miti a cui vale la pena accennare per sottolinearne la non veridicità. I più comuni sono “Il mio bambino pesa tanto perché…”:

“…HA LE OSSA GRANDI”: per quanto variabile e pesante possa essere la struttura ossea di un individuo, il peso dello scheletro rappresenta solo circa il 20% del peso dell’individuo (con una variabilità di ±3%). Ad esempio, quindi, in un bambino di 40 kg la sua massa ossea rappresenterà solo circa 8-9 kg. Il resto, certo, non sarà tutto grasso ma non diamo la colpa del peso alle sue povere ossa.

“…HA LA TIROIDE” (sottointeso: che non funziona bene): lo scarso funzionamento della tiroide, che potrebbe effettivamente giustificare un certo aumento di peso, si ritrova in un numero davvero esiguo di bambini. Molto più comune è invece nei bambini sovrappeso/obesi un aumento della funzionalità tiroidea, che svolge una funzione “adattativa”, cercando cioè di funzionare di più per inibire o almeno tentare di limitare l’eccesso ponderale …peraltro senza riuscirci. A dimostrazione di ciò, vi è il fatto che tale iperfunzione migliora proprio con il miglioramento del peso, dunque è proprio migliorando il peso del nostro bambino che la sua povera tiroide potrà tornare alle sue normali funzioni.

“…È INTOLLERANTE” (sottinteso: a qualche cibo): la presenza di gonfiore o altri disturbi tipo flatulenza dopo l’assunzione di alcuni alimenti non ha nulla a che vedere con il sovrappeso e l’obesità… ricordiamoci infatti che l’aria “non pesa”. Ognuno di noi, per proprie caratteristiche individuali e costituzionali, è portato a digerire meglio alcuni alimenti rispetto ad altri e quindi in certi casi si può eventualmente limitare il consumo degli alimenti che infastidiscono, ma questo non significa che tali alimenti siano responsabili dell’eccesso ponderale dei nostri bambini. Da ricordare anche che in genere le intolleranze vere e proprie, diversamente dalle credenze comuni, danno perdita di peso, poiché si associano a malassorbimento e sintomi di mal digestione (diarrea, dolori addominali con riduzione dell’appetito, ecc.)

Senza voler colpevolizzare nessuno, è importante essere chiari su un punto: nella maggior parte dei casi i nostri bambini sono sovrappeso/obesi perché mangiano male e/o troppo e si muovono poco, e soltanto il 10% dei casi di obesità pediatrica è imputabile a cause di tipo endocrinologico o comunque con una chiara causa medica.

Conseguenze dell’obesità sulla salute

Così come l’origine dell’obesità è multifattoriale, così innumerevoli sono le conseguenze dell’eccesso di peso sulla salute. Tali conseguenze possono manifestarsi nell’immediato e nel tempo, dopo il cronicizzarsi della situazione; è anche per questo motivo che diventa fondamentale il riconoscimento e l’intervento precoce.

Conseguenze individuali

Le conseguenze dell’obesità possono essere:

Organiche:

  1. Problemi di dislipidemia e loro conseguenze
  2. Problemi ortopedici e loro conseguenze
  3. Pubertà precoce e sue conseguenze
  4. Insulino-resistenza e sue conseguenze
  5. Sindrome metabolica e sue conseguenze
  6. Carenze di micronutrienti e loro conseguenze
  7. Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS) e sue conseguenze

Vogliamo inoltre ricordare le particolarità dei problemi di sovrappeso e obesità nei bambini con vari tipi di disabilità.

Conseguenze psicologiche

Sono conseguenze molto variabili, che possono andare dal senso di vergogna, ad esempio nel mettersi in costume o nel frequentare lo spogliatoio con gli altri bambini (ancora maggiore negli adolescenti), alle difficoltà di relazioni scolastiche o con i coetanei in generale poiché derisi, alla difficoltà nel mangiare davanti agli altri per la paura di essere giudicati, fino a veri e propri DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare)

Coneseguenze sociali

I due disturbi più importanti che compaiono in concomitanza dell’obesità sono le malattie cardiovascolari (tra cui ictus e infarto) e il diabete tipo 2. Ma l’obesità è anche collegata a tante altre malattie:

  • neoplasie
  • calcolosi biliare
  • sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS) e asma
  • maggiore uso continuativo di farmaci
  • problemi riproduttivi e irsutismo
  • cataratta
  • ipertrofia prostatica benigna
  • steatosi, steatoepatite non alcolica ed eventuale cirrosi conseguente
  • patologie muscoloscheletriche, come l’osteoartrite

    Se vi state chiedendo cosa c’entri tutto questo con le “conseguenze sociali”, è bene ricordare che nel 2000 si stimò che l’obesità causasse – nella sola Europa – circa 1 milione di morti e 12 milioni di anni vita vissuti in maniera non ottimale. È evidente quindi che l’obesità implica un elevatissimo costo sociale, che include:
  • costi diretti: per le cure mediche richieste per il trattamento delle patologie obesità-associate
  • costi indiretti: per perdita di produttività, a causa di assenteismo per malattia, ma anche per mortalità prematura
  • costi intangibili, eppur presenti: per problemi psicologici e scarsa qualità di vita. A proposito di questi ultimi, va ricordato che un’ampia mèsse di studi, nel corso degli anni, ha dimostrato come gli adulti affetti da obesità abbiano spesso posizioni di lavoro inferiori alle proprie capacità/competenze, e vengano mediamente penalizzati negli avanzamenti di carriera, con le immaginabili conseguenze sul benessere psicosociale sia personale che della propria famiglia.

    I costi diretti e indiretti per la Regione Europea (per 15 Paesi) stimati nel 2004 ammontano a 32,8 miliardi di euro annui. Dati del 2015, invece indicano come costo globale mondiale dell’obesità pari a 2000 miliardi, circa il 2,8% del prodotto interno lordo globale, un costo pari all’impatto economico del fumo di sigaretta e di tutti gli atti di violenza armata, da guerra e da terrorismo. In Italia, dati del 2012 indicavano i costi diretti dovuti ad obesità pari al 4% della spesa sanitaria nazionale (circa 4,5 miliardi di euro), una quota che aumenterebbe all’aumentare del BMI (Indice di Massa Corporea). Se si considerano poi in associazione anche i costi diretti si arriva ad una stima di spesa globale dovuta ad obesità pari a circa 9 miliardi di euro. Mediamente un soggetto sovrappeso/obeso costa alla società circa 450-500 euro in più all’anno rispetto a un soggetto normopeso. Non trascurabile inoltre è l’aumento del rischio per le persone obese di essere ricoverate per diverse patologie obesità-correlate, come evidenziato dalla seguente tabella:
Causa del ricoveroMASCHI
Rischio per gli obesi rispetto alla popolazione generale
MASCHI
% di ricoveri attribuibili all’obesità
FEMMINE
Rischio per gli obesi rispetto alla popolazione generale
FEMMINE
% di ricoveri attribuibili all’obesità
Ipertensione5.481%5.481%
Cardiopatia ischemica2.864%2.459%
Scompenso cardiaco9.189%4.879%
Polmonite o influenza1.946%2.049%
Bronchite cronica7.386%7.587%
Asma 3.773%4.377%
Tumori del colon-retto 3.325%1.535%
Tumori mammari 1.112%
Patologie dell’apparato muscolo-scheletrico2.662%3.874%
Patologie psichiatriche5.080%6.885%

Come intevenire in caso di obesità e sovrappeso infantile

Dal momento che l’obesità è una patologia multifattoriale, è importante che l’intervento “terapeutico” sia strutturato su diversi livelli.

1. Prevenzione dell’obesità infantile

Come sempre in ambito medico e come recitava una nota pubblicità “prevenire è sempre meglio che curare”. Anche nel caso dell’obesità e in particolare di quella pediatrica la prevenzione è l’aspetto su cui puntare la principale attenzione. La prevenzione come tale non può essere demandata solo ed esclusivamente alla famiglia, essendo l’obesità un problema globale anche la sua prevenzione deve essere globale. Ogni attore quindi deve agire in maniera coordinata e con un unico obiettivo: garantire la salute attuale e futura dei nostri bambini. Gli attori protagonisti sono:

Famiglia e individuo

La prevenzione in famiglia inizia già dalla primissima infanzia o meglio già durante la vita intrauterina. Le future mamme dovrebbero essere sensibilizzate al tema della corretta alimentazione in gravidanza anche da parte dei ginecologi.
Nella gradualità della crescita bisogna poi tenere sempre le famiglie aggiornate sugli errori da non commettere anche e soprattutto durante il divezzamento.

Così come sulle azioni su cui è importante puntare, come ad esempio una adeguata attività motoria e un’adeguata qualità alimentare.

Pediatra

Il pediatra ha un grande potere sia nell’educare le famiglie alla corretta alimentazione sia nel riconoscere tanto le situazioni a rischio quanto quelle già patologiche da inviare ad una valutazione più specialistica. Nell’ambito dei mille impegni che la pediatria di famiglia ha, anche la prevenzione nutrizionale deve essere inserita come elemento fondamentale e non solo durante la primissima infanzia. Il trattamento e la gestione della patologia conclamata difficilmente possono essere demandate allo stesso pediatra di famiglia, che spesso non ha il tempo – elemento indispensabile in questa patologia – né a volte le competenze per gestire al meglio l’approccio educazionale di lungo respiro che qui è l’unica strategia vincente. Ma anche in questo caso il pediatra rimane il punto di riferimento della famiglia ed è quindi sempre auspicabile la collaborazione con lo specialista in nutrizione ed eventualmente lo psicologo per lavorare all’unisono, sempre avendo come ottica la salute attuale e futura del bambino.

Scuola

Spesso si associa l’inizio del sovrappeso/obesità del bambino con l’inizio della scuola primaria e si dà la colpa di tutto alla mensa scolastica. La giustificazione più spesso addotta dai genitori è che: “la mensa scolastica non è gustosa/le porzioni sono troppo piccole quindi il bambino non mangia e compensa nel pomeriggio con un’abbondante merenda” oppure “a scuola prende il bis”. Ma analizziamo le varie “lamentele”:

  1. “le porzioni sono scarse”: le porzioni della mensa sono adeguate all’età dei bambini e preparate da esperti in nutrizione (in genere dietisti) che compongono la dieta in modo da garantire tutti i fabbisogni per le varie fasce d’età.
  2. “la mensa scolastica non è gustosa”: anche se il bambino non dovesse mangiare per una questione di gusto personale, sapere che in ogni caso all’uscita di scuola avrà una merenda compensatoria non lo spronerà mai alla condivisione del pasto scolastico.
  3. “la scuola fornisce/consente doppie porzioni”: il “bis” è proibito dai regolamenti della maggior parte delle mense gestite dai Comuni, anche se alcune scuole tendono comunque a consentire la richiesta (…e a soddisfarla!), in questo caso basterà far riferimento alla commissione mensa o alla direzione scolastica per far si che questo diritto/dovere sia rispettato.

Il consiglio generale è comunque di non addossare alla scuola colpe che non ha, sia dal punto di vista alimentare/nutrizionale che dal punto di vista istituzionale.
Anche in questo caso il rispetto delle regole è la base di una corretta crescita e della consapevolezza dei ruoli, cui il bambino è bene si abitui fin da piccolo. Per approfondimenti sulla mensa scolastica vi invitiamo a leggere il seguente articolo: Mensa scolastica: i consigli dei pediatri ai genitori.

2. Consigli per i genitori

Affrontare il problema del sovrappeso/obesità infantile non è mai semplice per un genitore, intanto perché è già difficile riconoscerlo come problema, e in secondo luogo perché, per risolverlo, è necessario cambiare tanti atteggiamenti sia individuali che familiari, che sono di solito tanto più radicati quanto più di vecchia data è l’insorgenza della problematica. Il cambiamento degli stili di vita e delle abitudini familiari è la sfida più difficile, ma con un po’ di pazienza anche questa può essere vinta. Vi forniamo qui una lista di piccoli consigli che provengono dalla nostra rubrica “L’Esperto Risponde” e che possono rendere il percorso un po’ meno difficoltoso:

  • Non dire ai bambini di mangiare di meno (se mangiano tanto o troppo è perché noi lo consentiamo, o lo diamo, o permettiamo che ne prendano, o cediamo ai capricci)
  • Non sgridarli continuamente perché mangiano troppo (le regole le mette il genitore – o il nonno o chi altro si prende cura del bambino/ragazzo – e tra le regole vi sono anche le porzioni corrette)
  • Decidere prima in autonomia cosa si ritiene giusto che mangino e in quali quantità massime, senza derogare né consentire alternative o compensazioni
  • Non cedere alle richieste di “bis”
  • Usare piatti più piccoli in modo che sembrino più pieni (vecchio “trucco” da trattoria di paese, ma sempre utile ed efficace)
  • Non cucinare quantità superiori al necessario e non esagerare con i condimenti, anche se l’olio è “quello buono fatto in casa”
  • Arricchire i pasti con verdure, riducendo anche progressivamente i condimenti, in modo che non si accorgano della differenza
  • Non parlare loro dei problemi medici o psicologici legati all’obesità (un bambino o peggio ancora un ragazzo che si preoccupino della loro salute futura non è normale né assennato, siamo noi adulti a doverci preoccupare)
  • Avere in casa SOLTANTO ciò che si ritiene che anche loro possano mangiare (pensare ai vecchi proverbi è spesso utile… “l’occasione fa l’uomo ladro” dovrebbe farci riflettere)
  • Non comprare il superfluo e fare attenzione alla qualità dei cibi leggendo bene le etichette
  • Passare più tempo possibile con i bambini imponendosi un atteggiamento sereno
  • Distrarli con il gioco, la lettura, le passeggiate, lo sport e tutto ciò che possa dare loro gioia e farli divertire allontana il pensiero dal cibo
  • Condividere occasionalmente, ma serenamente e senza sensi di colpa, un alimento particolarmente gradito: un gelato, una torta, ecc.
  • Dare l’esempio con un corretto stile di vita familiare che comprenda sia una buona attività fisica che una corretta alimentazione

3. Non credere ai falsi miti sull’obesità

  • “per farlo dimagrire gli farò seguire la dieta della figlia del cugino dell’amico del portiere che ha perso 10 kg in 7 giorni”: ormai, dato che di alimentazione ne parlano tutti a prescindere dalle competenze specifiche, ognuno di noi si sente autorizzato a seguire consigli dati da chiunque altro, credendo che siano scientificamente provati e supportati. Ma l’alimentazione è una vera e propria scienza, e in alcune situazioni, come ad esempio proprio nel sovrappeso/obesità così come nelle conseguenze (ipertensione, diabete, etc..) è la PRIMA TERAPIA e come tale va considerata. Cioè esattamente come fosse un farmaco: prendereste mai una medicina perché ha funzionato per la figlia del cugino dell’amico del portiere? E soprattutto fareste mai prendere quella medicina a vostro figlio? Immagino di no, quindi così come per i farmaci è ugualmente importante che anche la terapia alimentare – o dietoterapia – sia personalizzata e valutata da medici e personale sanitario competente ed adeguatamente formato. Infine perdere troppo peso in poco tempo fa sì che si perda massa magra ma non quella grassa con il rischio inoltre di riprendere tutto il peso (e stavolta in massa grassa e non magra!) in poco tempo appena si ritorna ad un’alimentazione normale.
  • “il mio bambino deve perdere 10 kg”: abbiamo avuto più volte modo di dire che nei bambini il più delle volte non è importante la riduzione del peso quanto fermare la crescita in peso intanto che si continua a crescere in altezza: ognuno di noi potrà comprendere facilmente come sia diverso distribuire 50 kg su un’altezza di 110 cm e come sia invece distribuirli su 160 cm. Non esiste quindi il PESO IDEALE per un bambino: esiste, al limite ma proprio al limite, il peso ideale per un singolo bambino, tenuto conto del sesso, dell’età, dell’altezza, della complessione.
  • “la frutta a fine pasto fa ingrassare”: non c’è nessuna evidenza scientifica che dimostri che la frutta alla fine del pasto faccia aumentare la massa grassa (ma neanche ovviamente che alcuni tipi di frutta “brucino” i grassi!). Le porzioni di frutta da consumare durante la giornata dovrebbero essere circa 3 ed è dunque consigliabile che almeno una volta sia a uno degli spuntini (mattina o pomeriggio) oltre a quella a fine pasto, sia a pranzo che a cena. Ricordiamo inoltre che nell’ambito della “dieta mediterranea” la frutta può essere considerata come il dessert di altri Paesi, ma sicuramente più salutare di dolcetti vari.
  • “l’acqua frizzante fa ingrassare”: l’acqua, effervescente naturale o frizzante che sia, è per definizione priva di calorie. Essa è fondamentale nell’ambito della nostra alimentazione sia per mantenere i tessuti ben idratati sia per garantire e favorire la digestione. Esistono poi alcune condizioni fisiologiche che di per sé implicano un aumento del consumo di acqua: infanzia, pratica sportiva, donne in gravidanza, anziani. Ognuno di noi può consumare tranquillamente l’acqua di cui sente il bisogno, preferendo per i bambini un’acqua ricca di calcio (dunque non le oligominerali che vanno ora tanto di moda): al contenuto di alcuni elettroliti (come appunto il calcio, ma anche il sodio) è necessario stare attenti solo in certe situazioni patologiche, che peraltro quasi mai riguardano i bambini.
  • “l’olio che uso non è grasso perché è quello buono del contadino”: che il contadino produca un olio extravergine di oliva di buona qualità e di buon sapore nessuno lo mette in dubbio, ma è importante tener presente che l’olio, sia industriale che artigianale, è sempre fatto solo di grassi. Grassi di origine vegetale, questo sì, per cui sicuramente migliori dei grassi animali, ma nella medesima quantità, a parità di peso, dello strutto o del lardo o del burro. Nello specifico un cucchiaio di olio EVO, pari a circa 10 g, contiene 10 g di lipidi, e dunque vale 90 kcal. Vogliamo comunque sottolineare che l’olio EVO non va affatto demonizzato e che anzi è essenziale nel mantenere un buon stato di salute, solo che, come sempre nell’alimentazione, va utilizzato nelle giuste porzioni (adeguate anche all’età del bambino).

4. Consigli per interventi scolastici

La scuola, anche nel campo dell’alimentazione, deve mantenere il suo ruolo formativo e istruttivo e deve lavorare, possibilmente in stretta cooperazione con la famiglia, per promuovere stili di vita corretti. Questo è vero per le scuole di ogni ordine e grado, ma si è visto che l’età più ricettiva ai cambiamenti risulta essere quella della scuola primaria (6-10 anni). Infatti, è proprio in questa fascia di età che si sono concentrati diversi interventi educazionali dei Ministeri (Salute e Scuola) come ad esempio il Progetto “Maestranatura” , “Guadagnare Salute: rendere facili le scelte salutari” , “Frutta e verdura nelle scuole”.

In generale la scuola dovrebbe:

  • Offrire pasti e spuntini nutrienti ed equilibrati uguali per tutti (a meno di particolari esigenze mediche o religiose)
  • Evitare di porre nelle scuole distributori automatici (a meno che non contengano solo acqua e frutta)
  • Garantire acqua potabile in abbondanza (ma senza spreco)
  • Garantire il movimento durante la pausa ricreativa
  • Disincentivare l’ingresso nella scuola di alimenti non genuini come bevande zuccherate, soft drink, snack preconfezionati salati e dolci
  • Attuare campagne informative sulla corretta alimentazione, adeguate alla comprensione per la specifica fascia di età, in modo che i bambini possano poi riportare in famiglia quanto appreso
  • Incentivare il movimento, adeguando le palestre e aumentando le ore di attività fisica, e garantendo – ove possibile – la presenza di Pedibus e altre modalità di raggiungimento della scuola senza l’uso di autoveicoli.

Questo ultimo punto dovrebbe entrare a far parte di politiche di comunità e degli Enti Locali (Comuni, etc..) che dovrebbero garantire i livelli minimi essenziali di sicurezza per l’infanzia come ad esempio:

  • la presenza di aree verdi ben mantenute e controllate
  • la presenza di percorsi pedonali e ciclabili posti in sicurezza
  • la presenza di marciapiedi calpestabili
  • la presenza di aree gioco attrezzate anche per portatori di disabilità

Noi cittadini dovremmo sempre PRETENDERE tutto questo con l’unico strumento che abbiamo a disposizione: il voto!!

Tattamento dell’obesità infantile

Terapia non farmacologica con supporto di intervento cognitivo-comportamentale

Questo approccio è quello più frequentemente utilizzato e quello che più spesso ottiene risultati buoni e duraturi nel tempo. Si fonda su una valutazione medico-specialistica e psicologica, e una volta inquadrato il paziente e la famiglia si imposta il trattamento. Dal punto di vista comportamentale lo psicologo strutturerà un intervento improntato alla motivazione al cambiamento degli stili di vita da parte del bambino e della famiglia. Inoltre, tratterà eventuali difficoltà individuali evidenziate durante il colloquio psicologico)

Dal punto di vista medico l’intervento si baserà su indicazioni pratiche circa i cambiamenti degli stili di vita e di alimentazione. A seconda della presenza o meno di altre malattie collegate all’obesità (ipertensione, insulino-resistenza, steatosi epatica, ecc.) si procederà a impostare una dieta che miri al mantenimento del peso (in assenza di altre malattie) o lieve riduzione del peso (in presenza di altre malattie). Lo schema alimentare (normocalorico o lievemente ipocalorico) si baserà sull’indicazione di:

  1. – Porzioni adeguate per l’età
  2. – Qualità adeguata degli alimenti
  3. – Frequenza adeguata dei pasti
  4. – Cibi da evitare o da consumare occasionalmente e con moderazione
  5. – Gestione dei momenti di svago (feste e simili)

Inoltre, verrà posta attenzione a favorire un adeguato movimento e un’attività fisica regolare (strutturata e non) e sulla riduzione dei tempi di inattività, in particolare davanti a schermi (televisione, pc, tablet)

Terapia farmacologica:

In genere poco utilizzata in campo pediatrico, e comunque solo dopo i 12 anni o giù di lì, e comunque sempre in associazione ad interventi sul cambiamento degli stili di vita. Possono invece essere utilizzati farmaci, dispositivi medici o integratori anche prima di quell’età, quando siano presenti altre importanti malattie associate che ne giustifichino l’utilizzo, sempre sotto stretto controllo medico-specialistico.

Chirurgia bariatrica

la chirurgia bariatrica in età adolescenziale è considerata un intervento di extrema ratio, l’aultima spiaggia, e dunque si attua solo in casi di obesità molto grave e resistente alle terapie, e in presenza di altre malattie che possano rappresentare un rischio per la vita. Il paziente viene valutato dal team di specialisti che lo prende in carico e che poi lo seguirà nel follow-up post-intervento. Esistono criteri molto selettivi per l’accettazione del paziente adolescente nel percorso bariatrico:

BMI ≥35 kg/m2 + malattia grave associata (diabete mellito tipo 2, sindrome delle apnee ostruttive nel sonno [OSAS] moderata-grave, pseudotumor cerebri, steatoepatite [il grado più grave della steatosi]) oppure BMI ≥40 kg/m2 + comorbidità lieve (OSAS lieve, ipertensione arteriosa, dislipidemia, ridotta tolleranza glucidica – criteri American Society for Metabolic and Bariatric Surgery e dell’European Association for the Study of Obesity)
• Sviluppo puberale terminato
• Obesità di lunga durata, refrattaria a terapia

Esistono diversi tipi di interventi che devono essere effettuati da Centri altamente specializzati e sono:

  1. Interventi restrittivi: bendaggio gastrico, palloncino intragastrico, sleeve gastrectomy (più utilizzata!)
  2. Interventi malassorbittivi: diversione bilio-pancreatica
  3. Interventi misti restrittivi/malassorbitivi: by-pass gastrico

Ognuno di questi interventi può comunque provocare importanti disturbi post-operatori e implica comunque n lungo follow-up e un costante mantenimento dell’attenzione sull’alimentazione post-intervento a vita

Tali dati sono stati ultimamente confermati dall’ultimo rapporto OCSE “The Heavy Burden of Obesity – The Economics of Prevention” che ha evidenziato un aumento dei tassi di obesità negli adulti dal 21% del 2010 al 24% del 2016; in buona sostanza altri 50 milioni di persone risultano obese, con il già noto rischio maggiore di sviluppare malattie croniche, problemi cardiovascolari, diabete e dunque ridotta aspettativa di vita.

Alcune strategie preventive che secondo l’ultimo rapporto OCSE produrrebbero un importante ritorno economico in termini di riduzione della spesa sanitaria (1 dollaro investito in prevenzione= 6 dollari risparmiati) sarebbero:

  • Migliore etichettatura dei prodotti alimentari
  • Regolamentazione della pubblicità dei prodotti non salutari per bambini
  • Riduzione del 20% del contenuto calorico degli alimenti ad elevata intensità energetica (patatine/dolciumi)

Con la supervisione di:

Dott.ssa Margherita Caroli Pediatra

Prof. Andrea Vania Pediatra

Le vostre domande sull'argomento e le risposte dei pediatri

    • Nome: Stefano
    • Età del bambino: 9 anni e mezzo
    • Sesso: maschio
    • Comune: patti(ME)
    • Domanda: Buongiorno, Stefano è alto 134 cm e pesa 57 kg, è quindi in sovrappeso. Il problema è che lui seleziona molto i cibi; ad esempio: pasta solo con burro, lenticchie o fagioli e ricotta, e fra gli affettati solo prosciutto cotto. Il pesce non lo mangia. Tra le verdure solo fagiolini e spinaci, e frutta: mele, pesche e arance. Non c'è verso di convincerlo a variare questi cibi o fargliene provare degli altri, ed eccede invece con il pane. Come faccio a fargli fare un'alimentazione più sana?

    Bambino obeso? Pasti più vari e quantità ridotte

    Cara Laura, come può verificare utilizzando il Bimbometro presente sul nostro sito, Stefano è obeso. La precisazione si rende necessaria perché i genitori devono prendere pienamente coscienza della situazione dei loro figli, per non girare intorno al problema e comportarsi di conseguenza. Dalle sue parole sembrerebbe che la monotonia dell’alimentazione di Stefano sia la causa del suo sovrappeso, ma questo modo di guardare serve solo ad allontanare l’attenzione dalle quantità che il bambino introduce. Nonostante io sia la prima paladina di una alimentazione varia da proporre ai bambini, caposaldo di una corretta alimentazione, le domando: e se, intanto, utilizzando gli alimenti che il piccolo gradisce, cominciassimo a ridurre le quantità e correggessimo la distribuzione durante la giornata? Ancora: se comprasse una quantità di pane adeguata al consumo della cena della famiglia, poco prima della cena stessa, senza inutili tentazioni in eccesso nel pomeriggio? Stefano è ancora un bambino che non fa acquisti autonomi e che dipende totalmente dall’alimentazione della sua famiglia. Pertanto per ora, avendo un approccio graduale alla modifica delle abitudini alimentari di Stefano, anche solo usando ciò che gradisce, possiamo comportarci così:

    1. cinque pasti (dove spuntino e merenda sono fatti di un frutto o una piccola macedonia, senza zucchero) e senza cedere alle richieste, magari pressanti, del bambino di avere il panino;
    2. pasta e legumi tre volte a settimana, seguiti da un po’ di verdura e frutta a costituire un pasto completo;
    3. affettati non più di 2 volte a settimana, ricotta 2-3 volte a settimana (quest’ultima con un po’ di zucchero, spalmata su una fetta biscottata potrebbe costituire la sua colazione, se non ne fa una con il latte);
    4. olio extravergine in sostituzione del burro (cominci con poche gocce insieme al burro in modo che si abitui lentamente al nuovo sapore);
    5. non più di un panino piccolo a cena e nessuno a pranzo;
    6. la famiglia riunita a tavola che segue comunque una alimentazione varia in modo che il bambino senta gli odori e veda i colori degli altri alimenti (se avesse più fame, mangiando di meno, non crede che potrebbero interessargli?)

    Cara Laura, intanto proceda al riordino e ridistribuzione corretta degli alimenti che Stefano ama. Molto utile è un menù scritto che non la obblighi ad essere ripetitiva (ad es. pane e prosciutto tutte le volte che ha fame) e ad entrare in ansia. In fondo, noi vogliamo per il bene di Stefano due cose: che impari a mangiare in maniera più varia e che dimagrisca. Riducendo le quantità di quello che mangia il bambino dovrebbe perdere peso o perlomeno rimanere stabile, mentre lo stesso fatto di mangiare meno dovrebbe stimolarlo ad assaggiare alimenti nuovi o meno graditi. Se poi dopo un mese di questo approccio Stefano non ne volesse proprio sapere di migliorare il comportamento alimentare, saremo costretti ad essere più incisivi, limitando al massimo il consumo degli alimenti a lui graditi in modo da prenderlo “ per fame”. Credo che questo sia il suo primo passo nel cambiamento delle abitudini. A proposito di passi … Stefano si muove?

    • Nome: Thomas
    • Età del bambino: 7 anni e mezzo
    • Sesso: maschio
    • Comune:
    • Domanda: Gentile dottore, mi potrebbe dare le dosi giornaliere che un bambino dovrebbe mangiare a seconda dei vari alimenti? Ad esempio, quanti grammi di pasta e quante volte alla settimana? Quante volte la carne e il pesce? Mio figlio è alto 133 cm e pesa 40 kg; secondo il vostro bimbometro risulta obeso. Frequenta basket 2 volte a settimana e devo dire che non mangia tanto come si potrebbe pensare. Sto anche molto attenta alla sua alimentazione, ma evidentemente sbaglio in qualcosa. Grazie per la vostra risposta, saluti.

    Bimbo obeso: a volte serve lo specialista

    Cara Mamma Loretta, se non rileva errori quantitativi di rilievo (la pasta dovrebbe essere circa 60 gr e la carne circa 50gr) sono portato ad ipotizzare che il problema sia nelle scelte alimentari e nel consumo di dolci, fritti e alimenti troppo grassi o conditi. La esorto a consultare la sezione piramide alimentare per valutare quali siano le frequenze giuste e quanto da queste si distanzi. Se non riesce a ridefinire un assetto equilibrato con conseguente calo o stabilizzazione del peso di Thomas (nell’attesa che cresca in altezza) nell’arco di 3 mesi la esorto a fare riferimento ad un Centro di Nutrizione Pediatrica che la conduca in un assetto più adeguato alle effettive esigenze di Thomas, valutando l’attività fisica formale e informale, le abitudini alimentari e le caratteristiche costituzionali ed endocrinologiche di suo figlio. Ci tenga aggiornati.

    • Nome:
    • Età del bambino:
    • Sesso:
    • Comune: Ronco all adige
    • Domanda: Salve, ho un bimbo di 2 anni nato prematuro a 36 settimane di 2,370 kg. Allattato solo per 1 mese perché ho dovuto fare un intervento e da allora latte artificiale. Già a 3 mesi ha cominciato a prendere tanto peso e il pediatra mi ripeteva che stava andando tutto bene! E ora che ha 2 anni pesa 23 kg per 100 cm (suo padre è alto 1,87). Il problema è che lui durante il giorno non mangia quasi niente, durante la notte 300 gr di latte diviso in 2 biberon. Siamo andati a fare dei controlli dal gastroenterologo ed endocrinologo e tutti giustamente a urlarmi che sono una incosciente e che il bimbo è obeso ma non hanno richiesto nessun accertamento. Cosa mi consiglia di fare? Quando andiamo in giro tutti lo guardano spaventati e io ci resto molto male e ripeto che il bimbo non mangia quasi niente, né cibo spazzatura né dolci.

    Mio figlio è obeso, a chi rivolgermi?

    carissima signora Irina, leggendo la sua lettera viene spontaneo chiedersi come si è potuto arrivare a un tale eccesso di peso senza che nessuno corresse ai ripari. È facile dare subito la colpa alla mamma, ma in questi due anni il bambino non ha vissuto solo con lei. Lei ci appare, invece, molto sola in questa situazione. Non smetta di chiedere aiuto.

    Il peso di suo figlio è troppo in eccesso e potrebbero comparire presto molte complicanze legate all’obesità grave del piccolo. Per questo la invitiamo a riscriverci il prima possibile per fornirci più informazioni, come il luogo dove abita. Le potremmo indicare il più vicino centro ospedaliero che si occupa di obesità infantile. Per il momento elimini il latte notturno. A presto.

    Anna Maria Tomaselli e Margherita Caroli